C’è un triestino nel team azzurro di Match Poker

Silvio Pizzarello fra i protagonisti a Oxford nel secondo posto alla Nations Cup 2017

TRIESTE Un cambio d’abito, per certi versi rivoluzionario. Quella che sta avvenendo all’interno del mondo del poker è una vera e propria metamorfosi, un tentativo di smarcarsi dal cliché che vuole il giocatore seduto al tavolo di una bisca, con la sigaretta in bocca, intento a smazzare le carte e a farsi versare un bicchierino di gin. Questa trasformazione ha preso il via anche da Trieste, dal momento che la Nations Cup 2017 ha visto salire sul secondo gradino del podio proprio un triestino: Silvio Pizzarello.



Quello andato in scena a Oxford è stato il primo evento ufficiale da quando il Match Poker è entrato nel novero delle discipline sportive. La Gaisf, l’Assemblea generale delle Federazioni sportive internazionali, infatti, ha da pochi mesi ammesso, con lo status di Observer Member, la Ifmp-Federazione internazionale di Match Poker. Si tratta di un’investitura di caratura internazionale, un primo passo che potrebbe far entrare il poker sportivo anche nell’orbita del Coni. «Siamo all’anno zero, per quanto riguarda la nascita di un nuovo e promettente movimento. Ma abbiamo dimostrato che l’Italia è già presente in prima fila», spiega con un certo orgoglio il triestino Pizzarello. La Ifmp ambisce a traghettare il Match Poker direttamente alle Olimpiadi, passando anche per un evento come quello ospitato nel Regno Unito e che ha visto la squadra italiana arrendersi solamente alla quotatissima Irlanda. Pizzarello è volato a Oxford assieme ai compagni di squadra Isidoro Alampi, che è anche presidente della Federpoker italiana, Mario Sfameni, Massimo Majolino, Giuseppe Grimaldi e Antonio Parlavecchio. La loro non è stata una passerella né una visita di cortesia: «Ci siamo preparati in maniera molto meticolosa – spiega –, affinando le strategie di gioco attraverso dei contatti quotidiani su Skype. Puntavamo a ottenere un buon risultato e abbiamo portato a casa un secondo posto che vale quanto una vittoria».

L’Irlanda ha infatti schierato uno squadrone, capitanato da Andy Black, un giocatore che in carriera ha vinto milioni di dollari in tutto il mondo. Eppure il Match Poker è un’altra cosa e chi lo pratica ci tiene a rimarcare le differenze dal tradizionale gioco d’azzardo, di cui questa versione è solo un parente. Il Match Poker segue le stesse regole del più noto Texas Hold’em, ma le applica in modo estremamente diverso: si gioca a squadre su più tavoli, con un meccanismo che permette davvero di capire chi è il più bravo. Le carte che vengono distribuite nei vari tavoli sono infatti le stesse. In questo modo l’alea permane, ma tutti i team sono messi di fronte alle stesse opportunità. «Nel Match Poker non sono previste quote di denaro per accedere ai tornei – sottolinea il triestino –, le stesse che nel poker tradizionale concorrono a formare i montepremi. Ci si qualifica solamente in base al risultato delle competizioni sportive e non c’è un legame diretto col denaro». Chi, come Pizzarello, ha trasformato la propria passione per il poker in una vera e propria professione conosce la deriva dell’azzardopatia. «Nella mia attività di coach e di delegato della Federpoker sono abituato a lavorare con i giocatori anche sulla gestione del denaro – le sue parole –. In passato mi è anche capitato di lavorare con l’Università Bicocca di Milano a un progetto per la prevenzione delle patologie correlate al gioco». Pizzarello ci tiene a precisare come nel Match Poker vengano esaltate «le capacità di ogni giocatore in relazione a un gioco che non può essere condotto esclusivamente in maniera individuale, ma che deve tenere conto di tutte le strategie adottate dalla squadra».

L’esperienza internazionale vissuta a Oxford, che ha permesso agli italiani di lasciarsi alle spalle le squadre nazionali di Austria, Spagna, Messico, Gran Bretagna, India e Germania, oltre a una formazione composta da giocatori provenienti da Paesi dove questo gioco non è stato ancora riconosciuto alla stregua di una disciplina sportiva, rappresenta del fieno nella cascina di un movimento giovane che, in maniera ambiziosa e un po’ spavalda, punta deciso ai Giochi a cinque cerchi.

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