C’è la variante inglese nel 6% dei primi 267 test in Fvg. In Veneto arriva al 20%
TRIESTE Nuovo sequenziamento del virus presente nei tamponi positivi che i laboratori delle tre Aziende sanitarie regionali invieranno a Trieste. L’obiettivo è continuare a monitorare l’andamento sul territorio della variante inglese già rilevata in Friuli Venezia Giulia, per tracciare una sorta di mappa ed eventualmente decidere se adottare o meno misure restrittive più severe. Al momento si sa che la variante inglese è più contagiosa, che è presente soprattutto in provincia di Udine dove sono stati rilevati nove casi e che «in cinque o sei settimane – queste le parole del presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro – potrebbe sostituire il virus circolante». Non a caso anche il coordinatore della task-force Covid regionale, l’epidemiologo dell’università di Udine Fabio Barbone, continua a suggerire di «mantenere massima cautela soprattutto in questo momento di grande circolazione del virus e delle nuove varianti. Siamo – ha aggiunto – nella fase iniziale della campagna vaccinale che può fare la differenza, fino a quando non avremo vaccinato il maggior numero possibile di persone dobbiamo mantenere le restrizioni che sono in atto».
Il progetto
Le Regioni stanno collaborando, a costo zero, all’indagine avviata dall’Istituto superiore di sanità e dal ministero della Salute per stimare la prevalenza della cosiddetta variante inglese. Nel primo sequenziamento sono stati analizzati 852 campioni (48 in regione) provenienti da 82 laboratori e la variante inglese era presente nel 17,8 per cento dei casi. In Friuli Venezia Giulia la percentuale non supera il 6.3 per cento dei 267 tamponi effettuati, mentre nel vicino Veneto la prevalenza del virus mutato arriva al 20 per cento. Diversa la situazione in Austria e in Tirolo, dove è più presente la variante sudafricana. Nell’ultima conferenza stampa della Cabina di regia, Giovanni Rezza, il direttore generale del ministero della Salute, si è soffermato a lungo sulla necessità di «mantenere atteggiamenti prudenti» per contenere il rischio contagio. Rezza ha chiarito anche che «un range di prevalenza che passa dallo 0,5 al 59 per cento ci dice che l’epidemia da variante inglese non è matura. Il virus è semplicemente entrato da poco in Italia». E Brusaferro ha sottolineato che «in cinque, sei settimane la variante inglese può arrivare a sostituire il virus circolante». Proprio perché l’attenzione deve rimanere alta, ieri, il consulente del ministro della Salute, Walter Ricciardi, ha suggerito ai politici di non aprire gli impianti sciistici e di creare già da ora un lockdown breve.
I casi monitorati
La circolare ministeriale recepita dalla Direzione salute raccomanda di sequenziare almeno 500 campioni selezionati casualmente ogni settimana a livello nazionale, prelevati nei pazienti vaccinati contro Sars-CoV2 che successivamente si sono infettati e in contesti ad alto rischio, come gli ospedali nei quali vengono ricoverati pazienti immunocompromessi positivi a Sars-CoV-2 per lunghi periodi. Vengono monitorati pure i tamponi fatti alle persone arrivate da paesi con alta incidenza di varianti.
Altre mutazioni
Al momento siamo di fronte al coronavirus e alle sue tre mutazioni: la variante inglese, la brasiliana e la sudafricana. La prima è la più diffusa ed essendo molto contagiosa è anche la più difficile da contenere. La brasiliana sembra circoscritta in un’area dell’Umbria e in una piccola zona della Toscana, mentre la sudafricana è presente in Tirolo, in Austria e in un’area della Francia. Rallentare la circolazione delle varianti è necessario per preservato soprattutto il sistema sanitario e la campagna vaccinale in corso. I vaccini autorizzati finora risultano efficaci anche contro la variante inglese, «solo la brasiliana e la sudafricana – ha precisato Rezza – possono ridurre parzialmente l’efficacia dei vaccini». Mentre si cerca di correre ai ripari, in regione la curva dei contagi continua a scendere, ma nonostante ciò il Friuli Venezia Giulia si ritrova nella classificazione di rischio moderato con alta possibilità di progressione a rischio alto. Lo scrive l’Istituto superiore di sanità nell’ultimo report che sarà aggiornato giovedì prossimo. —
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