Catturato in Portogallo il killer del catamarano

De Cristofaro condannato all’ergastolo per l’omicidio di una skipper nel 1998. Dopo due evasioni dal carcere si era reso latitante
Filippo De Cristofaro, il killer del catamarano, nell’arresto del 1988 in Tunisi (Ansa)
Filippo De Cristofaro, il killer del catamarano, nell’arresto del 1988 in Tunisi (Ansa)

ANCONA Ci sono voluti due anni di indagini certosine e capillari da parte della polizia di Stato per catturare in Portogallo Filippo «Pippo» De Cristofaro, il 62enne ex maestro di ballo condannato all’ergastolo per l’omicidio nel 1988 della skipper pesarese Annarita Curina. De Cristofaro era latitante dal 2014 quando non era rientrato nel carcere di Porto Azzurro da un permesso premio pasquale a Portoferraio.

Due anni di analisi minuziose del passato del «latitante più importante d’Italia per reati non di mafia», secondo il questore di Ancona Oreste Capocasa, un detenuto già fuggito nel 2007 e rintracciato un mese dopo in Olanda, ma ciò nonostante beneficiario di permessi premio.

Quando gli agenti lo fermano, su un treno diretto da Sintra a Lisbona, De Cristofaro ha un aspetto «anonimo»: baffi, pizzetto, calzoncini. È molto diverso dal 34enne bruno e atletico, sceso dal catamarano “Arx” in un porto tunisino il 21 luglio 1988, sorreggendo Diana, l’amante bambina, 17enne, su cui avrebbe tentato di addossare la colpa dell’omicidio della skipper, uccisa con tre colpi di machete poco dopo la partenza dal porto di Pesaro il 10 giugno 1988, con l’idea di impossessarsi dell’imbarcazione e fuggire in Polinesia.

Il 28 giugno il cadavere sfigurato di Annarita era stato ripescato da un peschereccio al largo di Senigallia ed era partita la caccia all’ “Arx. Oggi Diana, 44 anni e tre figli, dice di essere «felice della cattura» in un sms al suo legale, l’avv. Marina Magistrelli, che racconta «lei ha ancora molta paura di lui».

Al setaccio degli investigatori i rapporti di “Pippo” con i compagni di cella negli istituti penitenziari di Ancona (città dove fu condannato in primo e secondo grado), Opera, Porto Azzurro e quelli fuori dal carcere. Ma c’è stato anche l’esame di giga e giga di frame di immagini riprese dalla videosorveglianza in città italiane e all’estero e, infine, delle tracce telematiche lasciate da De Cristofaro.

Fuggito da Portoferraio prima della scadenza del permesso premio, il 21 aprile 2014, la sua presenza è documentata a Civitavecchia, poi ad Ancona, Pescara, Bari, dove ha alcuni parenti e dove rimane tre notti. Forse progetta di andare in Albania, ma poi si sposta a Milano, dove ha altri congiunti e dove viene immortalato dalle telecamere della sicurezza in piazza Duomo.

Poi va in Francia, a Marsiglia, dove lavora per tre mesi come scaricatore. Infine, durante l’estate, l’approdo in Portogallo, prima a Lisbona, poi a 30 km di distanza, nella zona residenziale di Gamalares, vicino Sintra. Ma prima dell’arresto i poliziotti della sezione catturandi della Mobile sono andati anche in Ucraina, seguendo una falsa pista, e in Albania.

Non vengono elementi utili dall’Olanda, dove vivono la figlia Caroline De Cristofaro, nota giornalista, la ex compagna e complice Diana, e un altro amico, estraneo ai fatti, che era sul catamarano della Curina. La svolta per le ricerche del latitante arriva nell’ottobre 2015, quando gli investigatori individuano l’utenza di telefonia mobile di De Cristofaro, che usa il cellulare per chattare o comunicare via Skype.

«Pippo» aveva documenti falsi intestati a Andrea Bertone, prima ha tentato di negare la sua identità poi - raccontano - ha fatto i complimenti ai poliziotti. Aveva anche circa 6.000 euro in contanti, sui quali si sta indagando, così come su eventuali complicità. «Almeno due» le persone coinvolte, tra cui probabilmente una donna. Forse voleva andare in Albania, oppure dedicarsi al commercio di diamanti in Africa.

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