Cattinara, svuotato e rimesso in letargo il dodicesimo piano della Torre medica
TRIESTE Svuotato, chiuso e lasciato pronto, se l’emergenza coronavirus dovesse malauguratamente ripresentarsi in autunno.
Il dodicesimo piano della Torre medica dell’ospedale di Cattinara era sventrato e inutilizzato all’inizio dell’allarme Covid-19, ma a metà marzo venne ricostruito in tutta fretta perché l’imperativo era ampliare rapidamente le terapie intensive per essere certi di poter far fronte alla marea montante di positivi in gravi condizioni.
La nuova Rianimazione triestina diede un contributo fondamentale per arrivare a cento posti letto di terapia intensiva Covid in tutta la regione (oggi ne sono occupati solo due) e fu definita «la nostra piccola Fiera di Milano» dal presidente Massimiliano Fedriga, per rimarcare la velocità dell’operazione.
Ora il reparto va in quiescenza, nella speranza che non debba più servire, ma nella certezza che è lontano il tempo in cui si potrà pensare di smantellarlo nel quadro della ristrutturazione integrale del nosocomio. Lo svuotamento è avvenuto da alcuni giorni e prima di mettere i sigilli l’Azienda sanitaria provvederà ad alcune sistemazioni strutturali per migliorare l’uso degli spazi.
Poi il dodicesimo piano della Torre medica aspetterà settembre, quando i virologi non escludono che possa verificarsi una recrudescenza della pandemia.
Storia tormentata quella del “dodicesimo”, parte dei cinque piani sventrati dalla cooperativa Clea nell’ambito dei lavori preparatori per il restauro di Cattinara. Ma quelle opere non sono mai partite e l’eliminazione di impianti e pavimentazione ha lasciato per oltre un anno l’ospedale privo di cinque dei suoi trenta piani (quindici per torre).
Dopo l’annullamento del contratto con la stessa Clea da parte dell’Azienda sanitaria e gli strascichi legali che ne stanno conseguendo, le cose hanno iniziato a muoversi con il subentro dell’impresa friulana Rizzani de Eccher, all’opera sulla fase di progettazione durante la pandemia e ora forte del via libera al nuovo appalto da parte dell’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione.
La realizzazione del “nuovo” dodicesimo piano e il parallelo trattamento ricevuto subito dopo dal tredicesimo sono costati cinque milioni, sostenuti in parte da donazioni e in parte dalla Protezione civile. Il tredicesimo piano è stato concepito come un piano a geometria variabile, di terapia intensiva, sub intensiva polmonare e infettivologia: è vuoto a sua volta, ma da domani accoglierà i pazienti positivi operati a Cattinara per altre patologie. Per il “dodicesimo” è arrivato invece il momento di andare a riposo, tenendosi pronto qualora la curva torni a salire e con essa il bisogno di letti di terapia intensiva per coronavirus.
Solo quando il pericolo potrà dirsi superato, i due piani saranno nuovamente sventrati (ma impianti e attrezzature saranno riutilizzati) e seguiranno il destino del cantiere, che impiegherà sette anni per dare nuova vita all’ospedale e a trasferirvi il Burlo.
Il primario di Terapia intensiva Umberto Lucangelo ritiene però che non si possa rinunciare ad avere una struttura simile, dopo che il coronavirus ha modificato rapidamente i paradigmi dell’organizzazione sanitaria.
«Mi auguro – rileva infatti a tale proposito Lucangelo – che invece di litigare i politici ci permettano di avere sempre un piano del genere in un’altra parte dell’ospedale. Dobbiamo essere pronti ad altre pandemie e serve un serbatoio agile, pronto all’uso e modulare per affrontare possibili nuove ondate di virus, capace di ospitare all’occorrenza più specializzazioni che lavorino assieme».—
Riproduzione riservata © Il Piccolo