Cattedrale moderna, ma dimenticata: il gasometro di Trieste cerca soldi e ammiratori

Sabato mattina la visita organizzata dalla Casa del cinema per trovare un set per la seconda serie del “Ragazzo invisibile” di Salvatores
Francesco Codagnone
Francesco BRUNI
Francesco BRUNI

TRIESTE. Il custode accompagna i caschetti gialli fino all’ingresso del vecchio gasometro del Broletto. L’impatto visivo è di un palazzone solitario, d’altri tempi. Incastrato tra un cartellone pubblicitario di una compagnia telefonica e un container verde con scritto “Evergreen”.

ShorTs, la passeggiata cinematografica al Gasometro di Trieste

L’edera che cresce sulle pareti esterne ne dichiara lo stato d’abbandono. L’interno, appena visibile da una finestra rotta, restituisce invece il senso di smarrimento di uno spazio ampio, che fu deposito di gas e set di un film di fantascienza. Il vecchio gasometro è lì, dimenticato, tra via Svevo e via d’Alviano, tra le gru del porto e la Pam di viale Campi Elisi. Il monumento che nessuno vuole, di proprietà del Comune ma nel distretto di AcegasAps, sul rimessaggio dei bus di Trieste Trasporti. Il tutto separato da un dislivello, un muro di diversi metri, decenni di disinteresse. Il confine della città popolata dei rioni di San Giacomo e Chiarbola: all’ombra della sopraelevata, prima delle Torri d’Europa, delle Ferriera. In un’area tanto dimenticata quanto centrale nel contesto urbano.

Francesco BRUNI
Francesco BRUNI

L’accesso è da via d’Alviano: si passa oltre due mega poster scrostati, annunciano un incontro su Pasolini. In cielo le auto sfrecciano sulla San Vito-Servola. In tanti ci passano, tutti passando lo osservano, in pochi ci entrano: i tredici permessi sono stati firmati in occasione della passeggiata Esterno/Giorno organizzata dalla Casa del Cinema, alla ricerca dei set del secondo “Ragazzo Invisibile” di Gabriele Salvatores. Il gasometro si staglia imponente nel distretto dell’energia, in mezzo a magazzini, autobus, tubi e teli di plastica. La cattedrale dell’industria urbana: 35 metri d’altezza per 43 di diametro, poteva contenere 20 mila metri cubi di gas. L’edificio fu tirato su nel 1901 nell’allora via Broletto, in un’area e in anni di forte sviluppo industriale: cantieri, fabbriche, il Lloyd Triestino. Fu il primo deposito a garantire il gas per l’illuminazione nelle case della città, ma dopo qualche decennio di attività passò dall’avanguardia all’obsoleto. Nel 1947 venne chiuso, oggi è poco più di un gigante appartamento sfitto. É sopravvissuto alle bombe, alla guerra, alle devastazioni edilizie degli anni Settanta. Nel 1988 fu dichiarato “bene d’interesse culturale” in tempo per salvarlo dalla demolizione, e da allora è un cruccio dei sindaci che si sono seguiti.

Francesco BRUNI
Francesco BRUNI

Il gasometro, cosa farsene? Planetario, discoteca, archivio, balera rock, palestra da arrampicata: nei fatti è lì, abbandonato. «In questo momento non c’è niente di concreto» commenta brevemente l’assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi. Il custode si ferma al cancello: può farsi il perimetro del comprensorio, ma senza permesso neanche lui può entrare nell’edificio. La curiosità non lo inganna, neanche nelle giornate più desolate: «tanto dentro non c’è niente». Lì dentro, nel gasometro, non c’è davvero niente. Le pareti sono tutte scrostate. Il pavimento, sul quale all’epoca poggiava la grossa campana del gas, oggi è ricoperto da escrementi di piccioni. La luce entra da 14 monumentali finestre lungo la circonferenza: i vetri, quelli non rotti, sono ricoperti di polvere. La struttura metallica che le regge è arrugginita.

Lasciando l’edificio, Rosanna Gandusio si chiede come mai nessuno - il Comune, la multiutility, il mondo del cinema, i cittadini, «davvero nessuno» - non cerchi una soluzione. Il palazzone che nessuno vuole, invisibile come il ragazzo di Salvatores. Davvero non se ne può fare niente, così grande e vuoto? Rosanna si toglie il caschetto giallo, si dà la risposta da sola: «No se pol». Il custode del gasometro saluta di fretta, chiudendosi il cancello alle spalle.

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