Cassazione: l’offesa va punita anche se in dialetto

Aveva insultato un avversario politico con l’espressione “re dei cojon”: condannato per diffamazione

Si offende anche parlando in dialetto. E così finisce bandita l'espressione in vernacolo friulano 're dei cojon' pronunciata da un esponente politico locale di Trieste nel corso di un'intervista finalizzata a testare il clima della campagna elettorale in corso nella città. Era successo che su un periodico locale, un esponente di partito politico, M. D.A., avversario di B. Z., avesse parlato del suo avversario definendolo 're dei cojon'.

Un' offesa in dialetto che era costata la denuncia per diffamazione a M. D. A., al giornale e al giornalista che, pur avendo riportato fedelmente il testo dell'intervista, aveva presentato pure lui la candidatura alle elezioni nello schieramento opposto a quello dell'esponente politico cui era stata rivolta l'offesa. Contro la condanna per diffamazione inflitta alla società editrice 'Nuovo Friuli', al giornalista e all'autore dell'intervista dalla Corte d'appello di Trieste nel settembre 2008 è stato presentato ricorso in Cassazione.

La Terza sezione civile ha bocciato i tre ricorsi e ha evidenziato che "la sentenza impugnata individua nel contesto dell'intervista il giudizio espresso da M. D. A. intorno ad una locale vicenda elettorale e rileva che l'uso della frase offensiva ('re dei cojon') sposta l'attenzione del lettore dalla contesa tra i due partiti all'incapacità personale dell'esponente di uno di essi (B.Z.) di cogliere la necessità di percorsi politici comuni". Visto poi che la vicenda si inseriva in un "contesto politico locale già segnato da accesa dialettica", la Cassazione ha ritenuto opportuno compensare tra le parti in causa le spese di giudizio.

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