Cassa integrazione nella biblioteca slovena

Due sedi a Trieste con 180mila volumi, il sindacato lancia l’allarme. Debiti per 100mila euro per gli affitti arretrati
Lasorte Trieste 14/05/08 - Via Petronio - Teatro Sloveno - Kulturni Dom
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Cassa integrazione in una biblioteca e per di più della minoranza slovena che è finanziata per legge dagli Stati. Accade alla Biblioteca nazionale slovena e degli studi che ha due sedi a Trieste e una a Gorizia. Tre dipendenti su 9 sono finiti in Cig con le leggi in deroga, il contratto fa riferimento a quello del commercio perché la biblioteca è categoria dei “servizi”. Un ricercatore, vista la parata, si è dimesso. Uno è a zero ore costretto a corsi di formazione professionale. Una amministrativa in carico all’archivio storico fa 5 ore alla settimana. Il debito per gli affitti delle sedi è ormai di 100 mila euro, in arretrato di un anno.

Oggi il sindacato Usb-lavoro privato illustrerà pubblicamente anche le centinaia di messaggi di solidarietà arrivati da storici eminenti, enti e istituti di mezza Europa. La Biblioteca fondata nel 1947 dopo la guerra per la tutela della cultura slovena in Italia, è la principale biblioteca degli sloveni nel nostro paese, con 180 mila volumi, un archivio storico attivo, e una sezione di ricerca. Basta dire “crisi” come per tutti in questo momento?

No, il guaio ha origini diverse. Martina Strain, la presidente, dice che in forza della legge di tutela la Biblioteca riceve storicamente 112 mila euro all’anno dal governo sloveno e 322 mila da quello italiano, che gira i fondi alla Regione, dove una commissione mista destina le somme ai vari enti del territorio. «La Slovenia ci ha decurtato del 10% - dice Strain -, ma ci ha versato tutto, l’Italia ci ha decurtato del 20% ma non ci ha versato neanche un centesimo». E così «per il 2012 la cassa è “a zero”, non siamo più in grado di pagare gli stipendi e i contributi - continua Strain -, sappiamo per certo che i soldi da Roma sono arrivati, la Regione ci ha giurato mille volte che sarebbe arrivato “un anticipo”, ma non è mai successo, ora si parla della prossima settimana...».

La situazione è diventata dunque drammatica: «Da più di sei mesi - afferma la presidente - paghiamo solo stipendi, da un anno non paghiamo affitti e fornitori. Abbiamo a Trieste una sede in via San Francesco e una in via Petronio, e a Gorizia una terza, tutte frequentatissime. E siccome questo è un istituto di diritto privato, il presidente, cioé io - precisa con costernazione Strain - rispondo col mio patrimonio. Siamo in una situazione decotta, abbiamo dovuto far ricorso alla cassa integrazione, e forse perfino troppo tardi...».

I soci sono oltre un centinaio, i dipendenti in tutto sono 9 nelle tre sedi, 2 Cig sono state attivate dall’8 novembre a fine dicembre. Il terzo “Cig” si è sottratto, un ricercatore si è piuttosto dimesso. «Nell’ultima assemblea dei soci - conclude la presidente - abbiamo anche deciso un cambio di strategia, tutti riorganizzano? Anche noi riorganizziamo. Privilegeremo l’attività della biblioteca, che serve un pubblico totale, dall’età del nido fino all’anziano. Bisognerà valorizzare l’Archivio storico, che ha tutte la documentazione sulla minoranza slovena e ha acquisito anche il grande archivio fotografico di Mario Magajna. Purtroppo, dovremo affidare all’esterno la ricerca. Non può più farsene carico un ente che vive con un “fisso” annuo, sempre più piccolo. Con tanto dolore, ma diventeremo biblioteca a 360 gradi». Il che è un duro avvertimento per i residui ricercatori in Cig.

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