CASO VITA NUOVAMonito a San Giusto: "Che fastidio quei pretonzoli con poca fede"

Dura critica del parroco don Carnelos contro i nove sacerdoti che hanno firmato la lettera di Natale "Sul settimanale diocesano altre volte sono stati ospitati interventi discutibili. Ci deve essere una linea nella quale i cristiani devono riconoscersi"
TRIESTE.
Il caso ”Vita Nuova”, e la scia di dolorose frizioni innescate all’interno della comunità cattolica diocesana, hanno fatto irruzione ieri nelle assemblee parrocchiali. Non solo nei discorsi a fine messa dei fedeli - alcuni perplessi e disorientati, altri indignati di fronte all’attacco a loro giudizio inaccettabile lanciato contro il vescovo Crepaldi -, ma in qualche caso anche durante le celebrazioni stesse.


Così è avvenuto a San Giusto dove, durante la liturgia delle 10.30, il parroco ha lanciato dal pulpito un durissimo attacco ai nove sacerdoti firmatari della ”Lettera di Natale” (la pietra dello scandalo che avrebbe pesantemente influito sulla scelta del presule di sospendere la rubrica della posta sul settimanale cattolico), e a quanti hanno dato loro spazio. «Non posso non parlare delle polemiche di questi giorni - ha affermato don Giorgio Carnelos durante l’omelia -. Quello che mi dà fastidio sono i ”pretonzoli” che scrivono lettere. Se avessero più fede, non scriverebbero lettere e non agirebbero così. E questo vale anche per Vita Nuova. Quando non c’è fede, si agisce per sé. E quando arrivano gli attacchi, sono attacchi personali e non collettivi come quelli mossi agli apostoli (il riferimento è alla prima Lettura in cui i discepoli, fedeli alla loro testimonianza, vengono definiti da San Paolo ”lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù” ndr). C’è una grande differenza tra le cose che vengono da Dio e quelle che vengono dagli uomini che le camuffano per cose di Dio».


Parole pesanti come macigni, precisate poco dopo dal parroco sul sagrato della cattedrale. «Il problema oggi è che tutti dicono di avere fede, ma nei fatti poi non è così». E a chi chiede se non esista la possibilità di avere fede in maniera diversa a seconda delle sensibilità e dei talenti ricevuti (chi la vocazione alla vita contemplativa, chi la chiamata a una vita di attenzione agli ultimi), don Carnelos risponde categorico: «La fede è unica e i suoi frutti sono unici. Quanto al caso Vita Nuova, a spingere il vescovo Crepaldi a fare certe scelte non è stata la Lettera di Natale. Già in precedenza erano stati ospitati altri interventi discutibili. Il punto è che dev’esserci una linea nella quale i cristiani si devono riconoscere e alla quale ci si deve attenere. L’obbedienza non è un’opinione».


Già, l’obbedienza, il termine più usato da chi, ieri, ha scelto di commentare le divisioni interne alla comunità cittadina. «L’obbedienza è ancora una virtù - ha spiegato, seppur poco volentieri, padre Vittorio, uno dei frati francescani che animano la parrocchia della Madonna del Mare di piazzale Rosmini -. Le verità sono quelle e sono uniche. I nove sacerdoti hanno lanciato un sasso che non è stato gradito dal vescovo e, credo, non solo da lui. Mi pare però che si stia facendo troppo chiasso senza conoscere bene le cose. Cose che, tra l’altro, non riguardano poi tanto da vicino le masse dei fedeli».


Più ampio e più teso alla ricomposizione della frattura, invece, il senso del commento del parroco della Madonna del Mare che, per il bene della diocesi, invita ad abbassare le barricate. «È importante che entrambi gli ”schieramenti” - il vescovo da una parte, la redazione di Vita Nuova e i preti firmatari della Lettera di Natale dall’altra -, parlino e comunichino le rispettive aspettative», osserva padre Andrea Tommasi: «Serve un ascolto che sia attento e prudente. Bisogna essere pazienti, oltre che appunto prudenti, e da questa condizione ripartire per evitare da un lato di mortificare il lavoro e, dall’altro, di mettere eccessivamente ed erroneamente in discussione l’autorità».


E a quei fedeli che, per difendere Crepaldi, ricordano come le pecore debbano solo obbedire - e non dialogare - con il pastore, padre Andrea risponde così: «Il vangelo dice che il pastore dà la vita per le sue pecore. Pecore che conosce e di cui si fida, come loro - conclude - si fidano della guida».


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