Caso Sauvignon, sequestrato mosto
UDINE. Centocinquanta ettolitri di mosto, appartenenti a una delle aziende coinvolte dell’inchiesta sui processi di vinificazione del Sauvignon, sono stati posti sotto sequestro ieri pomeriggio dai carabinieri del Nas, il Nucleo antisofisticazioni e sanità che sta lavorando sotto la guida del pm Marco Panzeri. I militari hanno trovato nel capannone di un’azienda dismessa del Cividalese un’enorme cisterna contenente appunto vino nuovo in fermentazione tipo Sauvignon e altro materiale e hanno posto i sigilli a tutto per poter eseguire ulteriori accertamenti. Da quanto si è potuto apprendere - in questa fase iniziale gli inquirenti mantengono il massimo riserbo sulla vicenda -, il grande contenitore sarebbe stato sistemato lì da una delle 17 imprese agricole che, giovedì scorso, sono state perquisite.
Gli investigatori hanno anche prelevato un campione di quel mosto per indirizzarlo allo stesso laboratorio che nei prossimi giorni analizzerà la composizione dei vini prelevati nelle varie aziende. Per i risultati bisognerà attendere almeno una decine di giorni. Procede senza sosta, dunque, l’inchiesta che ha avuto l’effetto di un terremoto sull’intero settore vitivinicolo friulano. La vicenda giudiziaria ruota attorno all’ipotesi che sia stato utilizzato un esaltatore di aromi (già ribattezzato “lievito magico”) non previsto dal disciplinare di produzione di vini Doc. E qualcuno ha parlato di una “Sauvignon connection” perché tutte le aziende coinvolte hanno in comune lo stesso consulente bioclimatico, nonchè genio della chimica, Ramon Persello, 39 anni, di Attimis, un “Archimede dei vini” indagato insieme alla moglie (per la Procura lo aiutava in laboratorio) nell’ambito della medesima inchiesta.
Le ipotesi di reato formulate finora sono frode nell’esercizio del commercio e vendita di sostanze alimentari non genuine. I produttori che hanno ricevuto la “visita” del Nas hanno vigne e aziende tra la zona del Collio e i Colli Orientali. Sono tutti più o meno blasonati: Roberto Snidarcig (“Tiare”, di Dolegna del Collio), Adriano Gigante (Corno di Rosazzo), Valerio Marinig (Prepotto), Paolo Rodaro (Spessa), Pierpaolo Pecorari (San Lorenzo isontino), Michele Luisa (Corona), Anna Muzzolini (“Iole”, di Prepotto), Roberto Folla (“Cortona”, di Villa Vicentina), Luca Caporale (“Venchiarezza”, di Cividale), Federico Stefano Stanig (Prepotto), Andrea Visintin (“Magnas” di Cormons), Cristian Ballaminut (Terzo d’Aquileia), Cristian Specogna (Corno di Rosazzo), Gianni Sgubin (Dolegna del Collio), Filippo Butussi (Corno di Rosazzo), Remo De Luca (Mozzagrogna) e Valentino Cirulli (Ficulle). Su questo tsunami che ha scosso il mondo del vino, l’avvocato Luca Ponti, che segue Persello e alcune aziende, tuona: «Ma qualcuno si è reso conto del danno irreparabile che è stato fatto non solo alle aziende coinvolte ma al territorio, all’occupazione e al Friuli. È ancora tutto in fase embrionale, perché le analisi di laboratorio non sono ancora state effettuate, e già si parla di possibili frodatori, causando loro non solo un danno d’immagine ma anche ingenti perdite di mercato».
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