Caso Sauvignon, perquisite altre 14 aziende

Si allunga l’elenco delle persone coinvolte. Il procuratore: «Ora il cerchio è chiuso e siamo alle battute finali»

UDINE. Erano nel mirino da tempo, ma prima di bussare anche alla loro porta la Procura voleva riscontri certi. Per andare a colpo sicuro, insomma, e chiudere con il “botto” le indagini preliminari sulla “Sauvignon connection”. Sono in tutto 14 le aziende vitivinicole della regione sottoposte ieri a un nuovo giro di perquisizioni. E almeno altrettanti, va da sè, i nomi aggiunti dal pm al registro degli indagati. «Ora – ha commentato in serata il procuratore capo di Udine, Antonio De Nicolo – l’attività d’indagine è sostanzialmente esaurita. Tempo qualche giorno ancora e il cerchio sarà chiuso».

Frode sul vino Sauvignon, perquisite dai Nas 17 cantine fra Collio e Colli orientali

Ancora viticoltori Il “blitz” dei carabinieri del Nas e degli ispettori dell’Istituto repressione frodi di Udine è scattato nelle prime ore della mattinata. In mano, 18 decreti di perquisizione a firma del pm Marco Panzeri, titolare del fascicolo. Ma non si sarebbe trattato di un fulmine a ciel sereno. Negli ambienti dell’enologia e della viticoltura friulana sembra che più di qualcuno fosse già al corrente delle novità in pentola. E cioè, da un lato, l’esistenza di un altro gruppo di produttori a loro volta collegati con Ramon Persello, l’enologo e genio della chimica sul quale pende l’accusa di avere realizzato e venduto un “preparato” in grado di esaltare gli aromi dei vini, e per questo non meno sospettati degli altri di avere beneficiato delle sue sperimentazioni; dall’altro, l’imminenza di un’altra raffica di perquisizioni nelle aziende.

Accusa fotocopia Le cantine ispezionate sono sparse nelle stesse zone Doc del Collio e dei Colli orientali nel cui perimetro sorge la maggior parte delle altre venti aziende (due sono presenti invece in Abruzzo e in Umbria), alcune delle quali assai note e blasonate, finite al centro dell’inchiesta. Alcune si trovano nella zona di Corno di Rosazzo, cioè a due passi dal laboratorio in cui Persello ha a lungo lavorato, le altre tra Dolegna, Cormons, San Floriano del Collio, Cividale del Friuli, Trivignano Udinese, Terzo d’Aquileia, Faedis e Nimis. Anche per i nuovi indagati, l’ipotesi di reato formulata dalla Procura è il concorso in frode nell’esercizio del commercio. Ai produttori, in altre parole, si contesta di avere acquistato dall’Archimede dell’enologia friulana la sostanza “magica” - una miscela per nulla pericolosa per la salute umana, ma non prevista dal disciplinare di produzione dei vini Doc - e di averla adoperata per migliorare la resa delle rispettive botti. A cominciare proprio da quelle in cui veniva invecchiato il Sauvignon, il più profumato dei vini di punta “made in Friuli”. Sospetti sono stati sollevati anche per altri vini, come il Pinot grigio, e un filone a parte riguarda il presunto utilizzo di uve slovene.

Caso Sauvignon, sequestrato mosto
Un grappolo d'uva

L’esito dell’operazione Riscontri materiali e documentali all’impianto accusatorio: ecco cosa cercavano questa volta gli inquirenti nelle cantine, negli uffici e nelle abitazioni private visitati dagli inquirenti fino a metà pomeriggio. Diversi i risultati conseguiti: in alcuni casi, sono stati trovati prodotti chimici uguali a quelli utilizzati da Persello; in altri, è stata sequestrata documentazione attestante l’esistenza dei rapporti tenuti con lui, nella sua veste di consulente e - ipotizza la Procura - di procacciatore del prodigioso preparato; in qualche azienda, infine, non è stato rinvenuto nè portato via alcunchè. A differenza delle perquisizioni di settembre, quindi, non si è puntato più al mosto e alla raccolta di campioni da spedire in laboratorio per le analisi. Quella fase si era chiusa il mese scorso, con le risposte dei consulenti incaricati dal gip nell’ambito dell’incidente probatorio. Risposte che, a sorpresa, avevano lasciato soddisfatti tutti: i difensori, «non essendo stata rilevata alcuna impurezza nei campioni», e inquirenti, che, a fronte dell’accertamento di tracce minime di ossido di mesitile in tre della trentina di campioni esaminati, avevano parlato invece di «accusa rafforzata».

Inchiesta al rush finale «A questo punto – ha detto De Nicolo –, il cerchio è quasi completato». Prima di chiudere la fase delle indagini preliminari e di notificare ai diretti interessati il capo d’imputazione, però, non è escluso che il pm decida di procedere con qualche interrogatorio. Qualcuno, nei giorni scorsi, avrebbe già cominciato a parlare e, forse, a sbilanciarsi con qualche mezza ammissione. «Il fronte difensivo non è omogeneo», si è limitato a dichiarare il procuratore. «Anche a queste perquisizioni – tiene a sottolineare – siamo arrivati in maniera ragionata, forti di elementi vecchi e nuovi». Lungi dal muoversi alla cieca”, insomma, la Procura pare arrivata in fondo al cammino. «Siamo alle battute conclusive – chiosa De Nicolo – e, come ci eravamo ripromessi, chiuderemo entro i termini stabiliti dei sei mesi. Senza alcun bisogno di proroghe». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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