Caso Sauvignon, il racconto del pentito

L’indagine è partita dalla confessione di un produttore che aveva usato la “pozione magica” ideata da Ramon Persello
Grappoli d'uva
Grappoli d'uva

UDINE. Lo faceva anche lui: stregato dagli eccezionali risultati che quella sconosciuta sostanza riusciva sempre a regalare al Sauvignon, aveva ceduto alla tentazione e si era unito al nutrito gruppo di clienti di Ramon Persello. Ossia, del re indiscusso dell’“enologia”, dentro e fuori regione. Finchè, un bel giorno, folgorato sulla via di Damasco, non ha deciso di redimersi e di dare un taglio alle contraffazioni. Nei suoi vini non ci sarebbe più stata traccia di “lievito magico”. La storia del produttore pentito, però, non finisce qua. Una volta prese le distanze dall’“Archimede” di Attimis, ha sentito forte l’urgenza di denunciare lui e tutti coloro che avevano continuato a servirsi non soltanto della sua consulenza, ma anche della sua miracolosa pozione. Succedeva almeno un anno e mezzo fa e l’inchiesta della Procura di Udine deflagrata giovedì, con le perquisizioni – e la notifica delle relative informazioni di garanzia – in 17 tra le più note e blasonate aziende agricole sparse tra le zone del Collio e dei Colli orientali del Friuli, l’Umbria e l’Abruzzo, altro non è che il suo primo approdo. La base da cui partire per accertare, campionamenti alla mano, l’impianto accusatorio ed eventualmente proseguire nel solco tracciato.

Frode sul vino Sauvignon, perquisite dai Nas 17 cantine fra Collio e Colli orientali

Che la soffiata all’Autorità giudiziaria fosse arrivata dall’interno, cioè dagli stessi ambienti vitivinicoli, non è un mistero. Ma che a cantare fosse stato proprio un produttore che con la “pozione” di Persello, considerato un autentico genio della chimica, aveva fatto a suo modo fortuna, è notizia da “addetti ai lavori”. Altrettanto dicasi per la durata delle indagini, che in molti, nel settore, sapevano essere partite già nella primavera del 2014, salvo poi arenarsi per diversi mesi – a seguito di pressioni ministeriali, narrano i beninformati – e ripartite con nuovo slancio qualche tempo fa, in vista proprio della vendemmia di quest’anno. Ferma restando l’ipotesi di reato della frode nell’esercizio del commercio – cui si aggiunge quella della vendita di sostanze alimentari non genuine a carico del solo Persello, di sua moglie Lisa Coletto, e di Francesca Gobessi ed Emanuela Zuppello, rispettivamente titolare e tecnico del laboratorio di analisi di Corno di Rosazzo in cui Persello lavora –, da allora a oggi la platea dei produttori potenzialmente coinvolti nella “Sauvignon connection” si è notevolmente ristretta. La “quarantena” investigativa, in effetti, ha sortito l’effetto sperato: convinti, o forse piuttosto spaventati dalla piega che il “segreto di Pulcinella” stava prendendo, molti dei seguaci di Persello si sono rassegnati ad abbandonare la sua “cura”. E cioè una pratica assurta a sistema certo per esaltare il sapore e la profumazione del proprio prodotto e garantirsi così rese vincenti, anche a costo di contravvenire al disciplinare di produzione dei vini Doc, ma senza nuocere in alcun modo alla salute dei consumatori.

Nulla esclude che, nel tempo trascorso tra la “confessione” del produttore e l’ultima tranche di indagini, i carabinieri del Nas di Udine e i tecnici dell’Ufficio repressione frodi dell’Icqrf abbiano sequestrato e analizzato il bianco già imbottigliato e messo in vendita dalle aziende “attenzionate” fin dalle prime battute dell’inchiesta. L’elenco di nomi trovato durante la perquisizione di sabato scorso a casa di Persello e l’incrocio con i risultati delle analisi condotte sui Sauvignon dell’annata 2013-2014, a quel punto, avrebbe fornito agli inquirenti un riscontro decisivo, per procedere con il blitz dell’altro giorno. Quando, a finire nel campionamento, è stato il mosto in fermentazione della vendemmia in corso. Nei prossimi giorni, il pm Marco Panzeri, titolare dell’inchiesta, delegherà le analisi a un laboratorio specializzato.

Intanto, la bufera giudiziaria rischia di portare all’estromissione dalla guida “Vini d’Italia” del Gambero Rosso di “Tiare”, il pluripremiato Sauvignon di Roberto Snidarcig (Dolegna del Collio). La voce è stata confermata dallo stesso Gianni Ottogalli, ossia il responsabile in regione della prestigiosa pubblicazione. Con lui, a finire nei guai, sono anche Adriano Gigante (Corno di Rosazzo), Valerio Marinig (Prepotto), Paolo Rodaro (Spessa), Pierpaolo Pecorari (San Lorenzo isontino), Michele Luisa (Corona), Anna Muzzolini (“Iole”, di Prepotto), Roberto Folla (“Cortona”, di Villa Vicentina), Luca Caporale (“Venchiarezza”, di Cividale), Federico Stefano Stanig (Prepotto), Andrea Visintin (“Magnas” di Cormons), Cristian Ballaminut (Terzo d’Aquileia), Cristian Specogna (Corno di Rosazzo), Gianni Sgubin (Dolegna del Collio) e Filippo Butussi (Corno di Rosazzo), oltre a Remo De Luca (Mozzagrogna) e Valentino Cirulli (Ficulle).

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo