Caso Resinovich, la strada per arrivare all’esame del microbiota
La Procura di Trieste è orientata a non autorizzare il nuovo esame sperimentale, basato sullo studio del microbiota, sui resti di Liliana Resinovich. Un approfondimento che potrebbe dare indicazioni sulla data della morte della donna.
A pesare sulla decisione della Procura potrebbe essere proprio la fase sperimentale di questo tipo di analisi, e quindi l’incertezza. Questo valutando anche i costi dell’esame, non esigui: un punto che il sostituto procuratore Maddalena Chergia, titolare delle indagini sulla morte della 63enne, deve considerare.
Nei prossimi giorni la decisione in merito verrà comunicata all’antropologa forense Cristina Cattaneo, che guida il collegio peritale incaricato dalla Procura di svolgere gli approfondimenti utili a redigere poi una nuova perizia medico legale.
Il sostituto procuratore potrebbe a quel punto consentire alla difesa di Sebastiano Visintin, il marito della donna, di procedere in autonomia allo stesso esame, autorizzando l’utilizzo dei tessuti prelevati dal cadavere.
L’ipotesi di tentare di indagare sui resti di Liliana anche attraverso questa nuova tecnica, era stata avanzata infatti proprio dai consulenti di Visintin, il biologo forense ed ex comandante del Ris di Parma Luciano Garofalo e il medico legale Raffaele Barisani.
Una nuova possibilità che potrebbe appunto dare risposte sulla data della morte e che anche i consulenti della Procura di Trieste avevano reputato fosse bene esplorare. Per questo era stata avanzata alla Procura la richiesta di autorizzazione a procedere.
L’esame – che per ora solo pochi laboratori fuori dall’Italia sono in grado di processare – prende spunto da una ricerca condotta dai ricercatori della Colorado State University e confortata da ulteriori studi. Si basa sul microbiota, ovvero l’insieme di batteri, funghi, protozoi, virus facenti parte della fauna cadaverica, che compare sul cadavere e lo decompone con tempistiche ben definite, indipendentemente da fattori ambientali.
I dati, rielaborati, negli studi già portati a termine hanno permesso di sviluppare un nuovo strumento utile alle scienze forensi, un vero e proprio “orologio microbiologico” che consente di stabilire con buona approssimazione la data del decesso: uno dei punti più controversi delle indagini sulla morte dell’ex dipendente della Regione.
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