Caso Resinovich, il marito di Liliana: «Restano tante domande, anche sulla telefonata fra mia moglie e Sterpin»
Il marito Sebastiano: «Sapere che si è tolta la vita mi fa stare male. Non avevo colto segnali. E speravo fossero chiariti molti dettagli»
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TRIESTE. «La strada era ormai tracciata, si era capito che la Procura andava in quella direzione, ma avrei preferito venissero chiariti molti dettagli, perché in questo modo si continuerà ad alimentare la cultura del sospetto». Sono le prime parole di Sebastiano Visintin, marito di Liliana Resinovich, una volta appresa la notizia che la Procura di Trieste ha chiesto l’archiviazione del caso.
Segnali non colti
«Sapere che mia moglie si è tolta la vita mi fa molto male – aggiunge –: io non avevo colto alcun segnale particolare, se non gli alti e bassi che Liliana ha sempre avuto». Il marito, goriziano residente a Trieste, ricorda come «la morte della madre prima e il Covid con il lockdown poi, con l’impossibilità di vedere i suoi amici e ex colleghi, l’avevano segnata. Andava in centro città e tornava a casa amareggiata perché tra gente in smart working e altri motivi, non riusciva a vedere più nessuno». Un insieme di fattori che certamente potrebbe aver influito sull’equilibrio di Liliana, persona estremamente sensibile, introversa.
Risposte mancate
Nel dettaglio, Visintin rimarca come «speravo gli inquirenti fornissero delle risposte a molti dubbi, perché così restano delle ombre». E ribadisce che «il giorno della sua scomparsa, prima che io uscissi di casa, l’ho vista serena, sorridente, non ho colto alcuna stranezza. Per questo continuo a sottolineare che qualcosa può essere cambiato dopo quella telefonata delle 8.22: nessuno ha mai fatto chiarezza in merito al contenuto di quella chiamata». Il riferimento è alla telefonata intercorsa tra Liliana e Claudio Sterpin. L’amico di Liliana ha sempre raccontato che nel corso di quella telefonata, durata poco meno di due minuti, la donna gli aveva comunicato che avrebbe fatto un po’ di ritardo perché prima di raggiungerlo sarebbe passata in un negozio di telefonia, facendo trasparire inoltre fosse successo qualcosa e concludendo la telefonata con «dopo te conto». Ma quel dopo non c’è mai stato.
La chiave nella telefonata
«Ritengo la chiave di tutto si nasconda in quella telefonata, che non credo proprio sia andata come racconta Sterpin», sottolinea il marito. Che ha sempre trovato sospetto il fatto che «questa persona che si spaccia per presunto amante di Liliana, quella mattina, dopo un’ora che non riceveva risposta da Lilly si era già allarmata, tanto da contattare i miei vicini. Perché tanta agitazione? Cosa si erano detti in quell’ultima telefonata?».
Visintin ritiene che la richiesta di archiviazione «lasci molti nodi da sciogliere: in queste ore ho sentito il mio avvocato Paolo Bevilacqua, che mi ha spiegato decideremo cosa fare, come muoverci, solo dopo aver acquisito gli atti».
Accuse ingiuste
Ripercorrendo i quattordici mesi che lo separano dalla scomparsa della moglie, Visintin ricorda quanti «hanno puntato e continuano a puntare il dito nei miei confronti: non auguro a nessuno di passare quello che io ho passato nell’ultimo anno e, come ho detto molte volte, più di qualcuno dovrà chiedermi scusa».
Ricordo vivo
Ieri, turbato appena è circolata la notizia della decisione della Procura, nel pomeriggio ha seguito la sfilata di Carnevale in centro a Trieste, scattando delle fotografie delle maschere e dei carri «per distrarmi – sostiene – e continuare a fare quello che avrei fatto con mia moglie». Aggiungendo come «per mantenere vivo il suo ricordo, continuerò a pubblicare sulle mie pagine social le fotografie che la ritraggono nei nostri viaggi, nelle nostre gite, di quando eravamo felici. Liliana resterà sempre accanto a me».
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