Caso Resinovich, il marito di Liliana a Il Piccolo: «C’è qualcuno che ancora non dice tutta la verità»
A pochi giorni dal deposito della relazione dei periti della Procura di Trieste. Sebastiano Visintin ripercorre gli attimi in cui la moglie sparì
Sono passati ormai quasi tre anni dalla morte della 63enne triestina Liliana Resinovich. La relazione medico-legale dei consulenti della Procura, che verrà depositata tra pochi giorni, potrebbe dare un nuovo impulso alle indagini. Oppure lasciare scarsi margini per conclusioni diverse da quelle alle quali sono giunti gli inquirenti. Vittorio Fineschi, il medico legale ingaggiato dall’associazione Penelope, ha anticipato che con quell’elaborato «si apriranno nuovi scenari, perché dalla relazione emergerà l’azione di terzi». Per il marito della 63enne, Sebastiano Visintin, sono giornate di attesa.
Visintin, sarò diretta: molti ritengono lei avesse il movente perfetto, sostenendo che quando ha scoperto che sua moglie aveva un amante e che voleva andarsene da casa, l’ha uccisa per timore di perdere la sicurezza economica che Liliana le garantiva. Oppure ritengono che abbiate avuto un alterco e che sua moglie abbia avuto un malore.
«Capisco, se fossi estraneo ai fatti penserei la stessa cosa. Ma queste sono conclusioni di chi evidentemente non mi conosce e non conosce il rapporto che legava me e Lilly da 35 anni».
Invece, a questo punto, lei che idea si è fatto?
«Un’idea precisa non ce l’ho, devo inevitabilmente affidarmi ai miei consulenti. Quei segni sul volto credo possono essere attribuiti a più cose».
Cioè?
«Una sberla non procura quei lividi. Certo, il processo di decomposizione potrebbe aver accentuato eventuali ematomi, ma Lilly potrebbe anche essere rimasta sfregiata da un ramo, il boschetto era fitto. Nel caso, comunque, bisognerebbe capire quando sarebbero stati inferti quei colpi, il giorno della scomparsa o nei giorni successivi? Sono confuso, ma credo che dall’uscita di casa all’arrivo di mia moglie nel parco dell’ex Opp sia successo qualcosa. Tra l’altro, non c’è nulla che confermi che quel 14 dicembre lei sia andata in quel boschetto: le immagini delle telecamere si fermano prima».
La sera prima della scomparsa eravate a cena da amici. La notte Liliana aveva avuto un momento di sconforto. Al mattino non ci sono stati problemi tra di voi?
«Al mattino era la solita Liliana. Quello sconforto durante la notte non mi aveva sorpreso più di tanto, perché erano già accaduti episodi simili e quando le chiedevo cosa le stesse succedendo, lei riferiva di un brutto sogno. Sognava la madre, persone che non ci sono più. Liliana era comunque una persona ferita, soffriva per non essere diventata mamma, le mancava non avere un figlio e forse per questo aveva riversato molto affetto sulla nipote, e prima su mia figlia, soffrendo molto quando è volata via».
A pochi giorni dalla scomparsa di sua moglie, lei avanzò l’ipotesi che fosse stata rapita.
«Sì, lo pensavo veramente, non riuscivo ad immaginare delle alternative, intorno a lei non vedevo persone che potessero farle del male. Poi è emerso altro, ero sconvolto. Nel tempo ho pensato di tutto, elementi portano al suicidio, altri da un’altra parte. A oggi mi rendo conto che ci sono ancora troppe cose che non tornano».
Un esempio?
«Liliana ha lasciato a casa tutto, portafogli, documenti, come se dovesse fare rientro a breve. Se non aveva intenzione di tornare, perché tra le poche cose che aveva con sé c’erano le chiavi e non ha chiuso la porta con le mandate? Perché aveva le chiavi di riserva? Le sue dove sono finite?».
Qualcuno non ha detto ancora tutta la verità?
«Ne sono convinto, ma per ora non aggiungo altro. Preferisco attendere».
Conferma che sua moglie non abbia lasciato una lettera di addio, magari scomoda per lei?
«Non ha lasciato nulla, io non ho gettato via nulla, la polizia ha cercato ovunque un biglietto».
C’è chi sostiene che lei, nei giorni successivi alla scomparsa, non si sia dato da fare per cercarla?
«Chi la cercava? Il fratello, la cugina, i vicini di casa? Dovevo andare in giro nei boschi? Mi sono affidato agli inquirenti».
Che coppia eravate?
«Affiatata, stare insieme per 35 anni non è cosa da poco».
Quale è l’ultimo ricordo che conserva di Liliana?
«Ogni volta che rientravo a casa scambiavamo la stessa battuta. Siccome Liliana sosteneva che io non mi accorgevo che aveva fatto dei cambiamenti in casa o grandi pulizie, allora di default, ogni giorno, al rientro le dicevo “grazie di tutto quello che fai e che non so”. E lei rideva. Mi mancano i nostri scherzi». —
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