Caso Regeni, la Farnesina ora convoca l’ambasciatore

TRIESTE Non si era ancora spenta l’eco dell’ultimatum di Roberto Fico, indignato per i silenzi del Cairo sul caso Regeni, pronto a interrompere i rapporti a livello parlamentare con l’Egitto, ed ecco il rilancio a livello di governo. Irrompe sul tema Luigi Di Maio: se dal governo egiziano non arrivano risposte entro l’anno sul caso Regeni «ne trarremo le conclusioni». Si toccherebbero anche le attività dell’Eni in Egitto? Risposta secca: «Tutto ne risentirà».
Uno sconquasso del genere, però, spaventa lo stesso premier, che conta sulla cooperazione con l’Egitto per il dossier libico. E perciò Giuseppe Conte veste i soliti panni del mediatore: «Tutte le volte - dice da Buenos Aires, dove si trova per il G20 - che ho incontrato il presidente Al Sisi mi ha sempre ribadito la sua determinazione per raggiungere la verità. Abbiamo sempre condiviso questa istanza e la necessità che si arrivi presto all’accertamento dei fatti».
È evidente che l’accelerazione impressa dalla procura di Roma, che ha iscritto 7 agenti dell’intelligence egiziana al registro degli indagati dopo avere pazientato per mesi in attesa di risposte serie dalla controparte egiziana, ha letteralmente «costretto» il mondo politico a fare la propria mossa.
Di Fico s’è detto. Era subito arrivata una risposta del Parlamento egiziano: «Siamo sorpresi». Dal Cairo si provava a ridimensionare la frattura: «Il presidente Fico ha assunto una posizione unilaterale che va oltre le inchieste, non fa gli interessi dei due Paesi né aiuta a giungere alla verità e alla giustizia». In ballo però ora ci sono rapporti politici, diplomatici, economici e militari.
Si è alla vigilia di un’importante fiera al Cairo dell’industria degli armamenti dove era prevista la presenza dell’industria italiana. Ci andranno ugualmente? «Le aziende - risponde il ministro degli Esteri, Enzo Moavero - hanno un loro ambito di autonomia, ne parleremo comunque a livello di governo appena rientra il premier dal G20». E spiega: «Nei mesi scorsi abbiamo ricevuto rassicurazioni, per cui le notizie emerse dagli ultimi incontri tra le due procure sono effettivamente deludenti».
Ieri il ministro Moavero ha anche formalmente convocato alla Farnesina l’ambasciatore dell’Egitto in Italia, Hisham Badr, per «sollecitare le autorità egiziane ad agire rapidamente al fine di rispettare l’impegno, assunto ai più alti livelli politici, di fare piena giustizia sul barbaro omicidio di Giulio Regeni». Il ministro avrebbe sottolineato all’ambasciatore che gli esiti della riunione svoltasi nei giorni scorsi tra magistrati italiani ed egiziani hanno determinato una forte inquietudine in Italia. E l’ambasciatore da parte sua ha manifestato la volontà del Cairo di proseguire la cooperazione.
Di Maio in particolare si sente sulla graticola. «Io - dice - sono ancora legato all’impegno preso dal governo egiziano di darci risposte tra la fine di novembre e la fine dell’anno. E noi ce le aspettiamo». In caso contrario, «è chiaro ed evidente che in un contesto di relazioni, che riguardano anche l’economia, tutto risentirà». Quanto al possibile blocco dell’export di armi verso quel Paese, il ministro conferma la sua minaccia: «Si compromettono tutti i rapporti: se la strada che abbiamo provato non porta a dei segnali dall’Egitto, trarre le conclusioni non riguarda solo quell’argomento lì». Lo strumento esiste già: la legge sull’export di armi. «Finita la manovra ci metteremo al lavoro per far rispettare una legge che già c’è e che ferma l’export di armi verso determinati Paesi che non riteniamo sicuri». —
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