Caso Regeni, la beffa del voto all’Onu

L’Egitto entra nel Consiglio per i diritti umani. La Farnesina: «La rappresentanza italiana si è schierata per il no»
Giulio Regeni
Giulio Regeni

ROMA. Dopo nove mesi, l'omicidio al Cairo di Giulio Regeni è ancora una ferita aperta per l'Italia. Il governo non è soddisfatto dell'atteggiamento tenuto dalle autorità e dagli inquirenti egiziani e perciò il 28 ottobre la rappresentanza italiana all'Onu non ha votato l'Egitto nell'elezione per il Consiglio dei Diritti Umani. La decisione è stata presa su precisa indicazione della Farnesina, che l'ha anticipata a tutti i più rilevanti attori coinvolti. D'altronde i 47 membri dell'organismo sono eletti a scrutinio segreto. Creato 10 anni fa per lavorare a stretto contatto con l'Unhcr, la composizione del Consiglio si basa sul principio dell'equa distribuzione geografica: 13 Stati sono africani, 13 asiatici, 8 latino-americani, 7 dell'Europa occidentale, 6 di quella orientale. I membri restano in carica tre anni e non sono rieleggibili.

Il non voto italiano non ha impedito all'Egitto di entrare nel Consiglio, essendo i candidati africani solo quattro. Ma la decisione ha un valore simbolico perché, si sottolinea dalla Farnesina, presa in «coerenza con la posizione italiana sul caso Regeni». A ribadire la frustrazione del governo per come le autorità del Cairo continuano a gestire le indagini sull'omicidio del ricercatore italiano era stato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni qualche giorno fa. «Per noi è una ferita aperta», aveva detto il capo della diplomazia italiana durante un incontro a Roma con gli studenti dell'università Luiss. E, nonostante i «segnali di speranza da parte delle autorità giudiziarie egiziane» lo scorso settembre, l'Italia «non è soddisfatta».

 

 

Segnali emersi dopo il vertice a Roma, il 9 settembre, tra i magistrati italiani ed egiziani che erano stati interpretati come una volontà di collaborazione da parte dell'Egitto. Allora, fonti giudiziarie italiane avevano espresso ottimismo parlando di salto di qualità nelle indagini e di un nuovo capitolo nei rapporti tra Roma e il Cairo. Ma evidentemente la svolta auspicata non c'è stata. Per questo, ha sottolineato Gentiloni, l'Italia ha ritirato l'ambasciatore in Egitto (all'epoca Maurizio Massari) e non ha ancora presentato le credenziali del nuovo rappresentante, Giampaolo Cantini. Per questo quando si è trattato di scegliere la composizione di un Consiglio delle Nazioni Unite creato per promuovere e difendere i diritti umani del mondo Roma non ha votato l'Egitto.

«Non ho dubbi che l'Ambasciatore italiano abbia votato “no” all'ingresso dell'Egitto nel Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu, è opportuno però sgomberare qualsiasi dubbio»: così l'onorevole Sandra Savino (Fi), che presenterà nei prossimi giorni un'interrogazione al ministro degli Esteri. «L'Egitto, in un mondo normale - prosegue Savino - non potrebbe far parte del Consiglio per i Diritti Umani, visti i numeri presentati da Amnesty International. Sappiamo che solamente 20 Paesi hanno votato contro e sono certa che l'Italia è tra questi; sarebbe opportuno però che il ministro chiarisse questo voto in Parlamento, e sopratutto se ci sono stati interventi dei nostri rappresentanti per ricordare all'Onu che l'Italia sta ancora attendendo la verità sul terribile delitto di Giulio Regeni», conclude.

Il caso Onu è stato sollevato ieri in un articolo de Il Giornale che ha espresso forti dubbi sulla posizione italiana in occasione del voto: «Ma più importante -si leggeva sul quotidiano - sarebbe sapere se l'imminenza di quello scrutinio sia stata accompagnata da qualche azione diplomatica in seno al Palazzo di Vetro per ottenere la solidarietà di altre nazioni e strappare qualche briciolo di verità sul caso Regeni». Subito dopo, è arrivata da fonti della Farnesina quella che era stata la posizione dell’Italia sulla votazione all’Onu.

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