Caso Lorito, a giudizio il capo della mobile Bo

Sarà processato assieme all’ispettore Valerio per una firma falsa apposta su una relazione di un collega che era morto
Di Corrado Barbacini
Foto BRUNI Trieste 02 07 05 Dott. Bò-capo della mobile
Foto BRUNI Trieste 02 07 05 Dott. Bò-capo della mobile

Mario Bo, capo della Squadra mobile e Alessandro Valerio, ispettore capo in forza allo stesso reparto, sono stati rinviati a giudizio per falso. A disporlo è stato il presidente aggiunto del gip Guido Patriarchi che ha accolto le richieste del procuratore capo Michele Dalla Costa e della parte civile, l’avvocato Guido Fabbretti.

I due compariranno davanti al giudice il prossimo primo luglio. Imputati di falso. Al centro dell'inchiesta avviata quattro anni fa da un esposto presentato dall’allora vice questore Carlo Lorito, vi è un’annotazione di servizio su cui compare la firma del sostituto commissario Giacomo Bresa, morto il 26 luglio 2008 sul pianerottolo della sua abitazione stroncato da un fulminante attacco cardiaco.

Secondo due perizie calligrafiche la firma apposta sul documento scritto al computer, è apocrifa e con buona probabilità l’aveva vergata proprio l’ispettore Alessandro Valerio il quale si è sempre proclamato innocente.

Ieri il difensore, l’avvocato Andrea Frassini, ha proposto un’istanza per una nuova perizia grafologica per confrontare vecchi documenti a firma di Bresa (acquisiti dal legale) con quello al centro della vicenda. Ma il giudice l’ha respinta. «Non sono un falsario» ha dichiarato l'ispettore più volte e il suo difensore, l'avvocato Andrea Frassini, che anche ieri ha ribadito la totale estraneità del suo cliente dalle accuse che gli vengono rivolte. Il vice questore Mario Bo è difeso dall'avvocato veneziano Eugenio Vassallo. È stato rinviato a giudizio nello specifico perché aveva inviato al procuratore capo Michele Dalla Costa una nota di suo pugno in cui sosteneva che era stato proprio lui a far rientrare al lavoro il vice commissario Giacomo Bresa che era in ferie per redigere il documento ritenuto apocrifo. «Il vice commissario Giacomo Bresa aveva firmato il rapporto davanti a me» ha sostenuto il capo della Squadra mobile. Ma due perizie calligrafiche hanno poi smentito il contenuto di questa affermazione.

Il problema è che quella “nota” di servizio con la firma che la Procura ritiene falsa, fa parte del fascicolo dell'inchiesta che ha coinvolto l’ex capo della squadra moobile di Trieste e Gorizia Carlo Lorito e ha contribuito alla condanna nel processo di primo grado. Il vicequestore poi è stato assolto in appello con formula piena. In particolare il documento firmato falsamente (secondo l’accusa) col nome di Giacomo Bresa riferiva ai magistrati riguardo l’esistenza di eventuali rapporti e collegamenti anche “privati” tra la Questura di Trieste e quella di Gorizia. Bresa era stato anche sospettato, assieme a un altro investigatore della Questura a Trieste, di aver fatto filtrare verso Gorizia notizie che coinvolgevano “confidenti” di Carlo Lorito, alcuni dei quali avrebbero spacciato droga. Ma nulla è mai emerso sull’esistenza di queste “soffiate”.

In aula ieri erano presenti Bo e Valerio. Ma anche Lorito con il sostituto commissario Sergio Savarese nella lettera destinatario delle confidenze di Bresa. Presenti pure gli avvocati Guido Fabbretti come parte civile e Giorgio Borean che assiste come persone offese Carlo Lorito e Sergio Savarese.

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