Caso Lisini, scontro Milillo-Morvay
Nessuna imputazione coatta, nessun imputato. Nessuna soluzione sul caso della misteriosa morte del pianista Massimiliano Lisini, 41 anni e della ballerina ceca Andrea Dittmerova di 23. Nessun atto trasmesso alla procura di Gorizia riguardante la morte del fratello di Lisini, Alessandro.
Il pm Giorgio Milillo ha detto un secco “no” al gip Raffaele Morvay e piuttosto che iscrivere nel registro degli indagati il nome di Massimiliano Campisi indicato come il sospettato numero uno dell’omicidio avvenuto il 15 luglio 2007, ha disatteso l’ordinanza del giudice (da poco presidente del Tribunale civile) e si è rivolto alla Cassazione proponendo un articolato ricorso contro quel provvedimento che Milillo ha definito «abnorme» con disposizioni «giuridicamente errate». Parole pesanti. Scrive Milillo: «Il provvedimento del gip viola i limiti e i poteri a lui concessi con evidente compromissione del diritto di difesa».
Insomma nessun possibile colpevole, nessuna soluzione al contrario di quanto il giudice Morvay in forza delle indagini difensive degli avvocati Luciano Sampietro e Giovanni Di Lullo, rispettivamente legali di Bozena Janoskova, madre della ballerina Andrea Dittmerova e della madre di Lisini, Mafalda Orel, aveva ipotizzato imponendo al pm Giorgio Milillo di formulare l'imputazione coatta di omicidio volontario nei confronti di Massimiliano Campisi, l'ex socio e amico di Lisini. Nell’ordinanza di rigetto della richiesta di archiviazione il giudice Morvay aveva anche imposto al pm Milillo di imputare per false dichiarazioni l'ex gestore di night club Maurizio Tuccio. Ma anche Iveta Novakova, Thomas Homicek e Renata Stankova, persone direttamente collegate con la tragica morte di Lisini e di Dittmerova. Non solo. Morvay aveva chiesto formalmente al pm Milillo di trasmettere alla Procura di Gorizia «gli atti rilevanti per eventualmente provocare la riapertura delle indagini relative alla morte del fratello di Lisini. Si chiamava Alessandro, aveva 47 anni. Il 28 aprile 2005 il suo corpo venne trovato esanime impiccato alla ringhiera esterna della villetta di viale Coslulich a Monfalcone.
Per il pm ci sono insormontabili problemi tecnico-giuridici. Milillo infatti rileva che il giudice Morvay nel suo provvedimento ha ordinato l’imputazione coatta di una persona non indagata (ndr, Massimiliano Campisi). Ma anche di altre persone - Maurizio Tucci, Iveta Novakova, Thomas Hornicek e Renata Stankaova - per differenti reati e anche di trasmettere al pm di Gorizia gli atti rilevanti per provocare la riapertura del fascicolo riguardante la morte di Alessandro Lisini avvenuta il 28 aprile 2005 che era stata indicata come suicidio. Fatto che spetta al pm goriziano. Ma il pm Milillo va oltre e, nel suo ricorso, dopo aver citato numerose pronunce della stessa Cassazione, spiega quello che il giudice Morvay «legittimamente avrebbe dovuto fare se non avesse (come è accaduto) condiviso la sua quarta richiesta di archiviazione depositata nello scorso mese di marzo».
Il motivo dello stop alle indagini del pm Milillo, si legge, nella richiesta poi rigettata da Morvay - e premessa del ricorso in Cassazione del pm - è che si è «esaurito ogni possibile elemento di spunto d'indagine anche quelle che a posteriori si sono rivelati di nessuna utilità». Insomma, per il pm non c'è più nulla da fare: Milillo aveva scritto espressamente che quanto avvenuto nel 2007 era stato un omicidio-suicidio. E aveva spiegato: «Che Lisini abbia deciso autonomamente di togliersi la vita deve essere ritenuto versomile, non solo e non tanto per le modalità del suicidio, tutto sommato classiche, ma quanto per la mancanza di lesioni e segni visibili anche tossicologici che consentano di ritenere che lo stesso sia stato inserito da altri nell'abitacolo dell'autovettura». E ancora: «Deve ritenersi come dato il fatto che la giovane Dittmerova abbia trovato la morte prima rispetto a Lisini, che poi abbia deciso di togliersi la vita».
Scrive ancora Milillo nel ricorso in Cassazione: «Se costituisce un atto abnorme l’imputazione coatta nei confronti di persone non indagate, a maggior ragione questo vale per quelli ai quali vengono addebitati ulteriori reati» che non compaiono nemmeno nel fascicolo». E poi ancora: «Ci si rende conto della delicatezza della vicenda ma non deve essere travolto il perimetro dei limiti al potere del gip e non per questo, soprattutto, deve essere compromesso il diritto di difesa in un procedimento che si connota per fatti di particolare gravità».
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