Caso Alma, Scavone ricorre contro la condanna

Pronto il reclamo in Appello per la revisione della pena di tre anni e otto mesi stabilita in primo grado per evasione fiscale

TRIESTE L’ex presidente della Pallacanestro Trieste ed ex numero uno dell’Alma Luigi Scavone prepara la controffensiva giudiziaria. Dopo la condanna in primo grado a tre anni e otto mesi di reclusione per evasione fiscale, pronunciata in rito abbreviato dal Tribunale di Napoli, l’imprenditore intende ora ricorrere in Appello. E così faranno gli altri imputati finiti a processo per la stessa vicenda: il giro di affari collegato alla società di lavoro interinale, l’Alma appunto. Oltre 70 milioni di euro, questa la somma contestata dagli inquirenti, frutto di un meccanismo truffaldino di compensazioni indebite. La prossima udienza andrà in scena a metà del prossimo anno. Il ricorso è già stato depositato. Presto gli atti approderanno in Corte d’Appello per l’assegnazione del fascicolo processuale alla sezione dedicata.

Scavone, difeso dall’avvocato di fiducia Alfonso Furgiuele, nel secondo round giudiziario chiederà innanzitutto l’assoluzione per alcuni capi di imputazione. Per altri, invece, domanderà un abbassamento della pena.

Durante il processo di primo grado (il pool di pm della Procura di Napoli che si era occupato del caso aveva chiesto 12 anni e due mesi) l’ex presidente della Pallacanestro Trieste era stato comunque assolto dall’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati fiscali.

La vicenda giudiziaria della società di lavoro interinale Alma a Trieste aveva scosso pesantemente migliaia di appassionati di basket, preoccupati del destino della squadra. In effetti le indagini della Guardia di finanza partenopea, culminate con l’arresto di Scavone, avevano scoperchiato una serie di contestazioni d’illecito sulle imposte erariali e sui contributi dell’impresa.

La maxi evasione era stata quantificata dall’accusa in ben 70 milioni di euro: una somma ottenuta grazie a un complesso sistema di indebite compensazioni di crediti tributari fittizi, messo in atto attraverso varie imprese che emettevano fatture false. In altre parole, questa la ricostruzione, alcune aziende prive di strutture operative o di mezzi imprenditoriali adeguati, le cosiddette “cartiere” (formalmente estranee ma di fatto riferite ai due principali imprenditori cui faceva capo il Gruppo Alma, tra cui Scavone), avevano creato un credito Iva inesistente con false fatturazioni. Il credito veniva ceduto alle società del gruppo: in questo modo le imprese connesse potevano azzerare i loro carichi tributari utilizzando il falso credito Iva per non pagare le imposte. I finanzieri avevano sequestrato ville, cinque milioni di euro in contanti, quadri, Rolex, auto di lusso, uno yacht di 17 metri, lingotti d’oro e gioielli. Beni che, secondo i magistrati, derivavano dall’attività illecita ed erano riconducibili ai principali indagati del caso Alma, tra cui per l’appunto Scavone.—


 

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