Case di riposo nei palazzi a Trieste: test anche sui residenti

TRIESTE Le case di riposo sono ormai in tutta Italia l’emergenza nell’emergenza coronavirus, ma l’allargarsi dei contagi nelle residenze si sta rivelando con tutta la sua gravità a Trieste e in Friuli. Nel caso del capoluogo regionale, non preoccupa solo il triste conto di morti e positivi, ma il fatto che oltre sessanta strutture sorgano all’interno di normali condomini, con inevitabile promiscuità fra semplici residenti, ospiti e operatori. La Regione ha così dato indicazioni all’Azienda sanitaria di avviare uno screening degli abitanti dei palazzi interessati da contagi, verificando le condizioni di salute di ognuno e procedendo con i tamponi in presenza di sintomi. Trieste è d’altronde l’anello debole del Friuli Venezia Giulia, con un primato di positivi che supera la provincia di Udine, che annovera il doppio dei cittadini.
Le strutture situate all’interno delle civili abitazioni triestine sono 64, come risulta dalla tabella pubblicata a fianco. Una storia che comincia negli anni Ottanta, quando molti grandi appartamenti d’epoca del centro città vennero acquistati per investimento e trasformati in case di riposo. In quegli anni la deregolamentazione era totale e non si andava troppo per il sottile sui requisiti, se le caratteristiche necessarie per ottenere l’accreditamento sono state normate per la prima volta solo ai tempi della giunta Serracchiani.
Il resto è storia nota: servizi a volte efficienti e a volte decisamente no, qualità dell’alimentazione bocciata in molte strutture dai report dell’Azienda sanitaria, scarso monitoraggio dei servizi. E non è un caso che il vicepresidente del Fvg Riccardo Riccardi dica ormai da settimane che il sistema sconta peccati originali che chiedono una profonda riforma.
Le strutture oggi non sono quasi mai adeguate a gestire gli isolamenti degli ospiti positivi al coronavirus e sono ormai 16 su 80 le realtà che hanno registrato anziani colpiti dal Covid-19. I vicini di casa sono ovviamente preoccupati, come avviene nel palazzo che ospita La Primula, dove i residenti chiedono di essere sottoposti a tampone.
E mentre la Procura di Trieste indaga sulla struttura per l’ipotesi di reato di procurata epidemia, Riccardi chiarisce che «nelle residenze per anziani triestine ci sono 80 casi positivi, distribuiti in 16 strutture: in quelle promiscue le attività di screening dei condomini verranno fatte ovunque ci siano casi di rischio e il tampone sarà effettuato su chi fosse eventualmente sintomatico. Intanto ci stiamo organizzando per la distribuzione di mascherine e altri dpi alle case di riposo». Riccardi quantifica le residenze promiscue in 45: una difformità di numeri, che dipende probabilmente dall’appartenenza di più strutture alle medesime società di gestione.
Alla Primula si sono conclusi nel frattempo ieri i trasferimenti in altra sede degli ultimi fra i 39 ospiti positivi rimasti da ricollocare fra ospedale Maggiore, Salus e Sanatorio triestino. L’Asugi ha disposto la sanificazione degli spazi comuni dello stabile nel quale si trova la casa di riposo ora chiusa ed è probabile che lo stesso trattamento dovrà essere riservato agli altri condomini dove si trovano residenze con anziani ammalati. La lista delle strutture “al piano” dimostra d’altra parte da sé come la convivenza fra case di riposo e civili abitazioni sia un fenomeno comune in città, diffuso in particolare nei rioni del centro storico, punteggiati dalla presenza di residenze polifunzionali piccole e a volte piccolissime, dove il passaggio di pazienti da e per l’ospedale è all’ordine del giorno, con gli effetti che si stanno vedendo purtroppo in molte realtà.
La giunta regionale annuncia l’avvio della distribuzione di una quota dei 2,5 milioni di mascherine alle case di riposo. «La consegna partirà all’inizio della prossima settimana», dice Riccardi, sottolineando che «i dpi saranno consegnati a tutto il personale sociosanitario che opera a contatto con le persone, quindi anche a medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, infermieri, operatori socio sanitari e a coloro che lavorano nelle strutture per anziani e disabili e anche nelle comunità per minori».
Ma la Cgil incalza giunta e Asugi con Virgilio Toso: «Riteniamo indifferibile un intervento strutturato sulle case di riposo da parte di Asugi. Ci sono carenze di organico importanti in diverse strutture con carichi di lavoro aumentati e abbiamo già visto situazioni molto compromesse. Soltanto all’Itis risultano buchi in organico con 80-90 assenti: quasi un terzo del personale fra positivi in quarantena, chi aspetta tampone e assenze per altre patologie. A due mesi da inizio emergenza dobbiamo sapere qual è il piano di Asugi, quali i dati reali e i numeri del personale». —
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