CasaPound sbarca in città. Scontri con la polizia dopo il corteo di protesta - Video e foto

Momenti di tensione nel giorno dell’inaugurazione della sede in via Zaccaria. Scongiurati i contatti con i contestatori. Il leader allontana i giornalisti “sgraditi”
Silvano Trieste 2019-02-02 Scontri in via Ginnastica
Silvano Trieste 2019-02-02 Scontri in via Ginnastica

TRIESTE Il centro blindato, il traffico in tilt, le forze dell’ordine schierate in assetto antisommossa e, infine, lo scoppio inaspettato di disordini che, fortunatamente, non sono sfociati in aperte violenze. È la cronaca della giornata di ieri segnata, per la seconda volta nel giro di pochi mesi, da una doppia manifestazione ad “alto rischio”. Da un lato il raduno dei militanti di CasaPound per l’inaugurazione della prima in città, dall’altro il contro-corteo organizzato dall’assemblea Trieste antifascista-antirazzista.



Un ritorno, come detto, quello di CasaPound, dopo il raduno nazionale organizzato a Trieste il 3 novembre scorso. In quell’occasione migliaia e migliaia di antifascisti (ieri erano invece meno di mille) avevano sfilato per le strade cittadine, senza che tuttavia si registrassero attriti diretti tra i due gruppi. Ieri, al contrario, il contatto tra rappresentanti degli opposti schieramenti è stato scongiurato all’ultimo solo dall’intervento delle forze dell'ordine.



Ma andiamo con ordine. Siamo al civico 4/a di via san Zaccaria, fra via Ginnastica e via Crispi, a due passi da viale XX settembre: quello che durante la Prima Repubblica fu il “cuore nero” della città. L’appuntamento è fissato alle 16.30, ma mezz’ora prima l’area è già presidiata da numerosi poliziotti e carabinieri. Attorno alla sede nera, chiamata “Audace”, gravita qualche centinaio di persone (tra le 200 e le 300, secondo CasaPound). Sono per lo più uomini adulti: adolescenti, anziani e donne rappresentano delle minoranze. Nel frattempo, la manifestazione antifascista conta circa alcune centinaia di partecipanti (700 per gli organizzatori).

Dentro la sede di CasaPound è vietato filmare o fotografare, «per ragioni di sicurezza». Chi ci prova, viene invitato a smettere. È però possibile entrare. Dal Tricolore all’Alabarda, passando per quelle di Istria e Dalmazia, diverse sono le bandiere esposte.

«Bisogna aprire i porti non le scuole di fascismo»
Silvano Trieste 2019-02-02 Il corteo antifascista

A una parete sono affissi una trentina di ritratti di personaggi storici: da Giulio Cesare a Mishima, da Benito Mussolini a Roberto Farinacci. All’esterno, al riparo di alcuni gazebo, il coordinatore regionale Nicola Di Bortolo e il responsabile provinciale Francesco Clun rilasciano dichiarazioni ai molti giornalisti presenti. Sono messe in luce affinità e divergenze con l'operato del governo-giallo verde. Tra i temi toccati, l’antieuropeismo e la volontà di dialogo con le altre istanze, politiche e civili.



Il volto della base è però un altro. Tra birra e prosciutto cotto, qualcuno fa il saluto gladiatorio. Un altro intona: «Che si vinca o che si perda, viva il duce…». Chi non completa la frase, è invitato a togliere il disturbo. Verso le 17 compare il leader nazionale Gianluca Iannone, che inizia a parlare con i cronisti. Lo scambio è però presto interrotto da alcune grida, provenienti da via Ginnastica: «Fascisti fuori», «Fascisti carogne». Subito i “fascisti del terzo millennio” scattano: a decine si mettono a correre in direzione dell’origine della provocazione, seguiti a ruota da alcuni rappresentanti della stampa. Si tratta di un «tentativo di avvicinamento di uno sparuto gruppetto di antifascisti che è stato contenuto dalla Polizia - riporta la Questura -. Le forze dell'ordine hanno inoltre bloccato alcuni militanti di CasaPound che, attirati dalle urla, sono stati contenuti e controllati dal dispositivo».



Alcuni sostenitori del movimento neofascista tentano infatti di sfondare il cordone formato dagli agenti. Ciò accade nonostante l’ordine di rientrare nelle righe, urlato dai capi del movimento, e nonostante gli antifascisti si siano nel frattempo dileguati. La scena dura diversi minuti: gli agenti fanno scudo con i propri corpi. Segue un blocco dell’accesso alla zona, non solo al traffico ma a chiunque cerchi di avvicinarsi anche a piedi.



Quando gli operatori dell'informazione sono autorizzati a rientrare in via san Zaccaria, sono le 17.30: l’orario previsto per l’intervento di Iannone. Che tuttavia sembra tardare: il leader sta in disparte, parla con qualcuno dei suoi. Quando i cronisti lo raggiungono, viene chiesto loro di identificarsi.

A Piccolo e Primorski Dnevnik l’intervista viene rifiutata. La ragione? Si tratta di testate non gradite a Iannone (per usare un eufemismo: altre sono le parole usate dal leader di CasaPound). All’episodio segue presto condanna, tramite comunicato, da parte di Assostampa Fvg e Ordine regionale dei giornalisti, secondo cui ciò «denota una preoccupante concezione dei rapporti con i media. In democrazia non dovrebbe essere consentito a un rappresentante politico di scegliersi gli interlocutori. Ciò si inserisce in un preoccupante clima di attacco all’informazione e ai giornalisti. Poche settimane fa, a Roma, due giornalisti dell’Espresso sono stati aggrediti a una manifestazione di Avanguardia Nazionale». —


 

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