Casa Scaramangà, dipinti e carte da gioco
Una vita trascorsa a cercare e collezionare documenti e pezzi storici che parlassero di Trieste, quella di Giovanni Scaramangà. Rappresentante al parlamento di Vienna, commissario regio della Camera di Commercio, presidente del Lloyd Triestino, impegnato nei consigli d’amministrazione di banche, assicurazioni, società di navigazione, imprese commerciali, industrie, musei ed enti culturali cittadini, Scaramangà coltivò sempre una profonda passione per le cose legate alla storia di Trieste, città natia e terra d’adozione della sua famiglia che vi trovò riparo sfuggendo alle stragi perpetrate dai turchi sull’isola di Chios nel corso dell’insurrezione greca. Alla morte, nel 1960, tutto il materiale raccolto nel corso di una vita andò a formare la Fondazione che porta il suo nome e il Museo, racchiuso tra le mura della casa in cui egli abitò.
Era il novembre 1962 quando fu inaugurato il Museo di Casa Scaramangà: oggi, per celebrare i suoi cinquant’anni, l’appartamento di via Filzi apre le porte al pubblico con un’esposizione di incunaboli, carte da gioco, oggetti e tele di particolare pregio. Una sala raccoglie la collezione dei sedici incunaboli, i primissimi testi stampati con il sistema dei caratteri mobili tra il 1455 e il 1550. Considerati tra i libri come i gioielli più preziosi e provenienti da ogni parte del mondo, tutti presentano attinenza con la città. Tra questi un “Genealogia deorum” del Boccaccio datata 1472, una “Geographia” di Francesco Berlinghieri del 1482 e una copia del “De temporibus mundi” di Hartmann Schedel del 1493, monumentale compendio storico-geografico di cui esistono solo 9 esemplari in Italia, contente una delle prime cartine dell’Europa centrale su cui si può vedere indicata, tra le poche città, anche Trieste.
Una seconda sala è dedicata alle carte da gioco, la cui ricca collezione mostra l’evoluzione e il percorso di semplificazione dalle carte figurative a quelle numerali e con i semi che conosciamo. Dal primo mazzo stampato a Trieste a opera di Rafael Marsiglio nel 1759 saranno esposti vari esemplari di carte dei due secoli successivi fino al mazzo creato dalla Modiano in occasione dei centocinquant’anni dell’unità d’Italia e riportante le immagini dei padri fondatori, dei presidenti della Repubblica e di illustri uomini d’arte, di letteratura e di scienza italiani. Una curiosità: nei secoli addietro era abitudine utilizzare il dorso delle carte per stamparvi vignette ironiche su fatti e personaggi del tempo. Una frase dialettale riportata su una carta nel 1860 descrive bene la difficile situazione economica di ieri. E richiama subito a quella di oggi: «Lavoro zorno e note e mai no go un fiorin, le spese magna tutto, son sempre zavatin». A chiudere il giro si trova una stretta selezione delle più particolari tra le acquisizioni effettuate dalla Fondazione negli ultimi 50 anni, un migliaio. Al suo interno un bozzetto in bronzo del Mascherini del 1942, tele raffiguranti immagini della città datate tra la seconda metà del Settecento e gli anni Sessanta del Novecento, un affresco di Sbisà, disegni di Craglietto, Dudovich e Dino Predonzani e ancora un curioso manifesto del 1802 dove si annunciava uno spettacolo di caccia dei tori che si sarebbe tenuto “in Trieste nel piazzale del Fondo Conti in fianco dell’Acquedotto”… ossia nell’attuale via del Toro, perpendicolare del Viale.
«L’esposizione che inauguriamo venerdì vuole celebrare l’importante collezione - spiega Antonio Rossetti de Scander, alla presidenza della Fondazione Scaramangà da oltre un trentennio - Il materiale raccolto è moltissimo e gli spazi della Casa davvero esigui. Vogliamo dunque offrire alla città la possibilità di vedere alcune “chicche” che di solito non sono in mostra».
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