Casa Malala resta gestita da Ics e Caritas

Assegnato il bando 2017 per l’ex caserma di Fernetti che ospita una novantina di richiedenti asilo. Decisiva l’offerta tecnica
Di Gianpaolo Sarti
Lasorte Trieste 11/10/16 - Fernetti, Casa Malala Yousafzai, Ex Caserma GdF, Rifugiati
Lasorte Trieste 11/10/16 - Fernetti, Casa Malala Yousafzai, Ex Caserma GdF, Rifugiati

Ics e Caritas si sono aggiudicate la gestione di “Casa Malala”, l’ex caserma di Fernetti in cui è ospitata una novantina di richiedenti asilo. Le due onlus potranno quindi proseguire per tutto il prossimo anno l’attività di accoglienza già cominciata lo scorso autunno, quando la struttura è stata aperta su indicazione della Prefettura. Hanno avuto la meglio sulle altre sette cooperative che hanno partecipato al bando: realtà perlopiù del Sud o del Centro che attualmente hanno in appalto svariati centri distribuiti in tutto il territorio nazionale. Alcune delle quali, come emerso nelle scorse settimane, erano finite nelle indagini della magistratura nell’ambito dell’inchiesta di “Mafia Capitale”. Il Consorzio italiano di solidarietà e l’ente diocesano hanno totalizzato il punteggio più alto (83,25) attribuito dalla commissione della Prefettura. È il doppio dell’ultima classificata, la Mc Muticons con sede in provincia di Firenze (41 punti); notevole pure il distacco con la Domus Caritatis di Roma, che ha preso parte alla gara assieme alla Sensis Hospes di Potenza (69,65), posizionandosi al secondo posto. Ics e Caritas hanno vinto soprattutto grazie all’offerta tecnica presentata: sono 59,31 punti, contro i 45,25 dei secondi o gli 11 attributi alla cooperativa in fondo all’elenco.

È dunque la qualità del servizio proposto, più che la parte prettamente “economica”, ad aver consentito alle due onlus triestine di scalzare i concorrenti. Anzi, se il criterio preso in esame fosse stato unicamente quello monetario, Ics e Caritas si sarebbero trovate in coda: sono le uniche realtà che non hanno proposto alcun ribasso rispetto ai 32,50 euro richiesti per la gestione quotidiana di ogni singolo migrante. C’è chi invece era pronto a investire addirittura 6,50 euro in meno. Circostanza, questa, che spinge Gianfranco Schiavone ad aprire una riflessione su come altre cooperative si occupano della gestione dei richiedenti asilo nel Paese. L’interrogativo è semplice: come è possibile andare sotto un certo tetto di spesa? Qual è il servizio garantito alle persone ospitate? «Ciò che è avvenuto in relazione alla partecipazione al bando indetto dalla Prefettura di Trieste per la gestione della ex caserma di Fernetti è di estremo interesse sotto molti profili - premette il presidente dell’Ics - e ben al di là di una vicenda locale. Essa offre uno spaccato della realtà italiana di questo sofferto settore di intervento sociale. Le proposte progettuali della maggior parte dei concorrenti colpiscono sotto due profili - aggiunge -. Il primo è la rincorsa a effettuare ribassi talmente macroscopici da risultare anomali: quanto veniva proposto non poteva consentire l’erogazione di un servizio di qualità come pure era richiesto dal bando». Vale a dire l’accoglienza, l’assistenza socio-psico-sanitaria, i servizi per l’integrazione e la mediazione linguistica.

«Il secondo profilo - riprende Schiavone - è rappresentato dalla bassa qualità dell’offerta tecnica, come si evince dai punteggi ottenuti da diversi concorrenti che si attestano addirittura un terzo e persino sotto un quarto del punteggio massimo. Eppure a questa gara - sottolinea - non hanno preso parte soggetti che si improvvisavano, bensì organismi di grandi dimensioni, provenienti da diverse zone d’Italia e abituati alla gestione di molte strutture e di centinaia di posti. Ci si deve quindi porre serie domande sullo stato effettivo dei servizi di accoglienza che vengono realizzati in molte aree del Paese e sulla loro rispondenza a standard adeguati». Ma le parole del numero uno dell’Ics si concentrano anche sulla dimensione locale: in particolare su una realtà come la Minerva, che in Friuli Venezia Giulia gestisce il Cara di Gradisca, dove vivono circa 400 persone. Il punteggio attribuito sulla base dell’offerta “tecnica” di questa cooperativa, classificata poi al penultimo posto al bando, si ferma a 18,25. Di qui le perplessità di Schiavone: «Quali sono le effettive condizioni del Cara?».

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