Casa Ieralla il giorno dopo: al bando la parola “Tbc”

TRIESTE Quello scatolone bianco semiaperto sul bancone di Casa Ieralla aveva l'aria di essere uno dei tanti effetti del giorno dopo la tempesta. I depliant esplicativi che conteneva sulla tubercolosi, redatti dall'Azienda sanitaria universitaria integrata, erano appena arrivati ieri mattina, dormienti, come se fossero lì per caso.
In realtà erano stati messi apposta, all'entrata, ma in modo un po' defilato, per non lanciare troppi allarmi. La notizia del caso di tubercolosi polmonare che ha colpito un'operatrice sanitaria della residenza protetta di Padriciano, che da trent'anni svolge la sua attività per le persone anziane gravemente non autosufficienti, non doveva arrivare più di tanto alle orecchie dei 112 ospiti.
«Bisogna filtrare le informazioni, proteggere i pazienti, perché non possiamo correre il rischio di creare un allarme in quelle che sono persone fragili, anche perché - spiega il direttore Matteo Sabini - la tubercolosi nel vissuto di persone anziane è legato agli anni '40, quando per questa malattia si moriva in tanti». Ci tiene Sabini, vuole che nessuno abbia paura o si agiti, «perché non è il caso di preoccuparsi per il momento - aggiunge - perché stiamo seguendo l'iter». Lo sottolinea tante volte: «Qui continuiamo tranquillamente il nostro lavoro, anche nel reparto dove ci sono i casi meno problematici».
Come da protocollo con l'Asuits intanto da oggi iniziano i controlli delle oltre duecento persone, tra operatori e pazienti. I primi saranno sottoposti a un test, il "QuantiFeron", per vedere se c'è un'infezione in corso. A loro si aggiungono i tre familiari della donna. La stima sul periodo di verifica è di circa una settimana e questo esame sarà ripetuto fra due mesi, poiché la malattia può manifestarsi più avanti. Ai 112 ospiti invece, vista l'età avanzata e quindi un sistema immunitario più debole, sarà fatta una radiografia al torace, che verrà rifatta anche in questo caso fra due mesi. S'inizierà all'ospedale Maggiore e poi si cercherà di portare un macchinario nella struttura di Padriciano. Se qualcuno dovesse essere positivo si comincerà la profilassi.
I telefoni squillavano in continuazione ieri mattina alla reception della struttura. Ma la giornata continuava senza problemi. Dopo la fisioterapia, tutti venivano accolti nella grande sala. E iniziava la lettura del giornale. Il primo titolo, quello più in grande, che riportava proprio la notizia della Tbc in quella casa di riposo, è stato messo da parte. «È una questione di tutela»: parola che si ripeteva all'infinito già l'altro ieri sera, quando è stata annunciata la notizia ai familiari, che invece devono essere al corrente di tutto. Il direttore Sabini ieri mattina passava tra i suoi ospiti, li accarezzava, salutava, con loro non dava a vedere alcuna preoccupazione. Lo sguardo più intenso, quello che per un attimo gli ha fatto dimenticare la Tbc, è stato quando si è avvicinato alla sua nonna, in un angolino, seduta su una sedia con la coperta sulle gambe. Occhi chiusi, naso contro naso, una carezza e poi di nuovo alla realtà.
La realtà di una giornata di domande che si traducevano in un'unica risposta: «Non siamo in un'emergenza sanitaria». «Casa Ieralla presta la sua assistenza in collaborazione con l'Asuits con cui è convenzionata - così Sabini - e quindi noi stiamo agendo in stretto coordinamento con i dipartimenti dell'Asuits per riuscire a contenere gli impatti di questa situazione. Non si tratta di creare allarmismi o sensazionalismi, a chiunque poteva capitare questa patologia, purtroppo è capitata la sfortuna che la persona affetta lavori in una struttura per anziani. Abbiamo avviato tutte le procedure per la sorveglianza sanitaria».
Intanto parenti e conoscenti, come di routine, iniziavano ad entrare per visitare i propri genitori, nonni, zii e amici, ma nessuno parlava di Tbc. Ormai, dopo la riunione con medici e direzione, fatta proprio per avvertirli dell'accaduto, sono in parte tranquillizzati, in parte restano con un'antenna ad attendere gli esiti delle verifiche che iniziano oggi come da protocollo in questi casi. «I familiari - aggiunge Sabini - hanno dato la massima fiducia all'ente, che si è dimostrato come in tutte le altre occasioni attento agli ospiti che accoglie. E tra gli operatori, a cui è stata data l'informativa, è nato un sentimento di solidarietà verso la collega prima di tutto e il personale ha dato la piena collaborazione verso un'operazione che sarà massiva dal punto di vista organizzativo».
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