Cartubi diversifica e guarda ai grandi yacht

Arrivate altre due unità, “Metsuyan IV” e “Royal Rubin”. Il presidente Franco: «Effetto Dalmazia”
Lo scafo da 70 metri che Cartubi sta preparando per Crn Fermetti
Lo scafo da 70 metri che Cartubi sta preparando per Crn Fermetti

TRIESTE Diversificare, accrescere il valore aggiunto con l’attività di progettazione, operare sui mercati internazionali. Così il campionario del Nuovo Arsenale Cartubi, fondato nel 1972, si apre sui tre capitoli della costruzione, della riparazione, della trasformazione: tre modi di fabbricare o rimodulare una nave. A loro volta costruzione, riparazione, trasformazione vanno declinati negli interventi sulle unità da crociera, sugli yacht, sull’offshore. Ambiti produttivi evidentemente molto differenti tra loro, tali da richiedere un’indispensabile flessibilità operativa e organizzativa.

I dipendenti diretti sono 70 ma, con l’indotto, si viaggia mediamente sulle 200 unità. Una trentina di addetti si dedica alle attività amministrative e commerciali. Le missioni all’estero, soprattutto nei bacini della crocieristica e nelle basi offshore, assorbono in media 50-60 persone, ma si sono verificate punte d’impegno decisamente più alte. Il fatturato viaggia sui 40 milioni di euro, con un trend ascendente e con una buona metà dei ricavi legata a clienti stranieri. Il 2016 viene pesato come un anno di consolidamento, le opportunità ci sono ma il mercato è volubile. E pesa l’incognita dell’offshore, colpito dal prezzo del greggio. Interessa la Revas, in cordata con Petrolavori, per la parte meccanica.

Piattaforma per il Cnr realizzata da Cartubi

Mauro Franco, figlio d’arte e presidente della società, e Marco Maranzana, da sei mesi amministratore delegato, accompagnano la visita a una struttura industriale, che si è insediata in un’ampia porzione dell’ex Arsenale San Marco e che nello stesso sito utilizza i bacini di carenaggio di Fincantieri e di Ocean.

Il momento, toccando ferro in un settore a forte ciclicità come quello cantieristico, sembra favorevole: in varie aree dello stabilimento si sta costruendo uno scafo da 70 metri per Crn Ferretti di Ancona, un fumaiolo per una nave da crociera di Fincantieri a Monfalcone, un altro fumaiolo più piccolo destinato al sito anconitano sempre di Fincantieri. Si lavora su un argano offshore della Saipem e si ripara il traghetto veloce greco “Highspeed 5”, commessa ottenuta tramite Fincantieri. «Perchè con Fincantieri c’è un buon rapporto di collaborazione - specificano Franco e Maranzana - Fincantieri è un grande gruppo con un’importante rete relazionale».

Ma i riflettori sono inevitabilmente puntati sull’ultimo, promettente capitolo della 42enne storia industriale di Cartubi: gli yacht. Ieri mattina richiedevano le cure del cantiere “Metsuyan IV” e “Royal Rubin” (anch’esso frutto della collaborazione con Fincantieri). Oltre all’ormai celebre “Chopi Chopi”, sul quale Cartubi lavora in équipe con altre quattro aziende triestine. Franco e Maranzana, sia pure con prudenza, agli yacht ci credono: «Funziona un mix di fattori, dalla città all’officina, dall’approvvigionamento di cibi di qualità al bunkeraggio. Sicuramente c’è un effetto di trascinamento dovuto al turismo di alto bordo che ha “scoperto” la Dalmazia. Meno vento rispetto alla Grecia, navigazione più riparata, luoghi di grande suggestione, una miriade di isole da scoprire». Ma quella degli yacht è una clientela che presuppone «attenzione e professionalità».

Massimo Greco

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