Carrello della spesa triestino ancora tra i più cari d’Italia

Altroconsumo inserisce la nostra città in coda nella classifica della convenienza In Friuli Venezia Giulia il primato del risparmio spetta ai market di Pordenone
Di Marco Ballico
20080625 - ROMA - FIN - COMMERCIO: VENDITE DETTAGLIO APRILE -2,3%, PEGGIORE DA 2005. Un carrello vuoto in un supermercato deserto in una foto del novembe 2007. Secondo i dati dell'Istat, le vendite al dettaglio ad aprile sono calate del 2,3% rispetto ad aprile 2007: e' il dato peggiore da aprile 2005, quando il calo fu del 3,9%. ANSA/ARCHIVIO/MARIO DE RENZIS/i50
20080625 - ROMA - FIN - COMMERCIO: VENDITE DETTAGLIO APRILE -2,3%, PEGGIORE DA 2005. Un carrello vuoto in un supermercato deserto in una foto del novembe 2007. Secondo i dati dell'Istat, le vendite al dettaglio ad aprile sono calate del 2,3% rispetto ad aprile 2007: e' il dato peggiore da aprile 2005, quando il calo fu del 3,9%. ANSA/ARCHIVIO/MARIO DE RENZIS/i50

Fare la spesa a Trieste costa più che negli altri capoluoghi di provincia del Friuli Venezia Giulia. Spulciando qua e là tra le offerte di supermercati, iper e hard discount, la famiglia media triestina a caccia del prodotto più conveniente spende in media quasi 400 euro in più della famiglia pordenonese.

Altroconsumo replica l’inchiesta sui consumi, mettendo in fila 1.083.983 prezzi su 105 categorie di prodotti (spesa alimentare, freschi e confezionati, igiene personale e casa) dopo aver visitato 885 punti vendita in 68 città italiane. Il risultato è una classifica delle occasioni al supermercato: da Verona, dove è possibile scendere - dalla media Istat di 6.350 euro all’anno per famiglia tipo - a quota 5.999 euro, fino ad Aosta, la punta record di 6.636 euro. In Fvg? Gorizia non compare nell’indagine, mentre Trieste viaggia una volta ancora nelle posizioni di coda: il capoluogo regionale, con 6.513 euro annui a famiglia (e dunque 163 euro in più della media nazionale), si piazza al sessantaduesimo posto. Va meglio a Udine (cinquantatreesima con 6.450 euro) e soprattutto a Pordenone. Nel Comune della Destra Tagliamento la spesa costa 6.135 euro, cifra che vale l’undicesimo posto, alle spalle della top ten: dietro a Verona ci sono Arezzo (6.017), Firenze (6.021), Pistoia (6.022) e Pisa (6.040). In fondo alla classifica, Aosta a parte, Pescara (6.575), Ascoli Piceno (6.573), Palermo (6.560) e Cagliari (6.518). Tra le grandi città Milano (6.428) risulta più economica di Roma (6.454), Torino (6.269) più di Napoli (6.364). Quanto alla classifica regionale, il Fvg (6.345 euro) è settimo dietro a Toscana, Veneto, Piemonte, Puglia, Umbria e Liguria. Agli ultimi tre posti Valle d’Aosta, Abruzzo e Sardegna. La fotografia di Altroconsumo punta anche a evidenziare le attività di distribuzione che più convengono a famiglie che in tempi di crisi hanno speso in maniera sempre più attenta: i consumi, fonte Istat, sono diminuiti da 29.450 euro all’anno per famiglia nel 2010 a 28.300 euro nel 2013, un calo del 4%. L’associazione dei consumatori aggiudica il titolo di supermercato più conveniente d’Italia per i prodotti di marca a Emisfero, quello di marca commerciale più conveniente a Iper e quello di hard discount più economico a Eurospin.

Seguendo infatti i tre profili di spesa degli italiani - che si scelgano prodotti di marca, quelli meno cari dell’insegna o che si vada all’hard discount - è sempre possibile realizzare la spesa necessaria ritagliando un margine di risparmio. Ma, se non ci si bada, le differenze sono enormi: da un punto vendita all’altro gli esperti dell’organizzazione hanno rilevato su uno stesso prodotto di marca scarti fino al 175% (un’acqua gassata), al 122% (un olio extravergine) e all’88% (un pacco di spaghetti). Individuare i punti vendita con il parametro del costo consente dunque di tagliare la spesa di centinaia di euro. A Verona si abbatte la soglia dei seimila euro, ma anche a Pordenone, Torino, Cuneo e Napoli il delta del risparmio rispetto a chi non guarda al prezzo supera i mille euro. Al contrario, scarse possibilità a Reggio Calabria e Caserta: solo 150 euro di differenza tra punti vendita più e meno cari. «Dove non c’è dinamica concorrenziale - sottolinea Altroconsumo - i prezzi si allineano verso l’alto e lì stanno. Dove invece si fronteggiano insegne a suon di sconti, chi vince è il consumatore e il suo portafogli ci guadagna». Secondo Altroconsumo quello che emerge è un quadro corrispondente a una mappa della grande distribuzione «che è andata ridisegnandosi, seguendo la nuova domanda: sboom degli ipermercati, esplosi vent’anni fa insieme alla liberalizzazione nell’offerta all’utenza, e investitori stranieri in crisi. Billa, il colosso austriaco che aveva acquistato Standa dieci anni fa, ha chiuso nel 2014, Carrefour si è ritirato dal Sud Italia per mancati obiettivi sugli utili» eppoi «Auchan e i suoi 1400 esuberi annunciati». Ad approfittarne «l’economia di nuova generazione, quella intangibile ma realissima via internet: Amazon infatti apre la sezione “alimentari e cura per la casa”».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo