«Cari politici rinunciate all’assegno di fine mandato»
TRIESTE. L’Idv, con Alessandro Corazza, si definisce «non solo su questo, mosca bianca». Di certo la proposta di legge dei dipietristi Fvg, cancellare l’indennità di fine mandato dei consiglieri regionali, non è contagiosa. Dopo che il Piccolo ha rivelato che è già accantonata una quota di oltre 3 milioni per compensare gli uscenti nel 2013, nessuna voce si è alzata dall’aula. Ma, a chiedere l’abrogazione dell’istituto che in Lombardia non esiste più, sono adesso Confindustria e Cgil.
Le mosche bianche
Delle 14 proposte di legge per la riduzione dei costi della politica, solo il testo dell’Idv contiene la cancellazione dell’indennità che il Consiglio chiama di “reinserimento lavoro”. A dire il vero ci sarebbe anche la possibilità di un referendum, come chiesto da ormai più di un anno dal Comitato guidato dall’avvocato udinese Gianni Ortis, ma piazza Oberdan ha alzato le barricate e respinto l’istanza. Se ne riparlerà il prossimo 31 gennaio in tribunale.
Le cifre
L’unico impegno sul fronte “liquidazione” è stato quello di alzare la previsione di spesa consiliare da 21,35 milioni nel 2012 a 24,5 nel 2013: è l’anno del rinnovo e vanno compensati gli uscenti. Un bel gruzzolo, come noto. Secondo il dettato della 38 del 1995, l’indennità di fine mandato, cui l’eletto contribuisce con una trattenuta mensile di 532,24 euro, è pari all’ultima mensilità dell’indennità di presenza lorda moltiplicata per ogni anno di esercizio del mandato. In sostanza, 53.223,65 euro per una legislatura, 106.447,3 per due, 159.670,95 per tre.
In Veneto
Non va decisamente male ai consiglieri Fvg. Il premio di consolazione dei colleghi veneti è inferiore: va da un minimo di 9.362,91 euro per chi è stato a Palazzo Ferro Fini per un anno a un massimo di 93.629,10 euro (in sostanza 66mila in meno del top Fvg) per chi ha maturato una presenza decennale (la Regione Veneto fissa il tetto massimo delle due legislature).
La Lombardia abolisce
Anche in Emilia Romagna, sempre con lo stesso tetto, corrono cifre più basse: ogni assegno è di 7.691 euro moltiplicati per ciascun anno di carica. Vale a dire 38.455 euro dopo una legislatura. La Lombardia, nel frattempo, va oltre: martedì scorso ha abolito vitalizi e trattamento di fine mandato.
Confindustria
Si potrebbe fare da soli, in sostanza. Ed è quello che suggerisce il presidente degli industriali Fvg Alessandro Calligaris: «È giusto che chi rappresenta la parte pubblica goda in corso d’opera di uno stipendio adeguato alla missione ma, una volta esaurito il ruolo amministrativo, deve tornare nel suo mondo come qualsiasi cittadino, senza privilegi particolari». Da tempo portavoce della richiesta di una politica più sobria, Calligaris aggiunge: «È un brutto segnale che in Fvg si faccia valere l’autonomia per sottrarsi agli interventi nazionali in materia di Province. È la solita strenua difesa di chi non capisce che, anche in una Regione “speciale”, i costi hanno lo stesso peso che altrove».
La proposta della Cgil
Se Graziano Tilatti, presidente di Confartigianato Fvg, propone almeno la riduzione dell’importo («Si dia una somma pari a quella precedentemente trattenuta nello stipendio, rivalutata nei termini di legge»), il segretario della Cgil Franco Belci chiede invece l’abrogazione dell’indennità di fine mandato, «questione che stride in un momento nel quale lavoratori dipendenti e pensionati, ripetutamente taglieggiati dal governo Berlusconi, subiscono anche il rigore senza equità del governo Monti». Belci si sorprende per la finalità del “sostegno al reinserimento” nel mondo del lavoro: «I consiglieri hanno fatto una libera scelta di servizio alla collettività e, finito il mandato, dovrebbero rientrare naturalmente al posto di lavoro che, nel caso siano lavoratori dipendenti, gli è stato conservato per legge e, nel caso invece dei professionisti, spesso non hanno mai abbandonato». Ma, prosegue Belci, «stupisce anche che le modalità della contribuzione derivano per il 60% dai trattamenti dei consiglieri e per il 40% dalle casse della Regione». E dunque «bene farebbe il Consiglio, già in Finanziaria, a dare un primo segnale concreto abolendo l’istituto e risparmiando così una cifra considerevole, al netto dei diritti acquisiti».
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