Carceri, ecco la riforma. Il nodo sovraffollamento resta anche in Fvg: +30%

Misure alternative al palo. Nei cinque istituti della regione ci sono più detenuti  rispetto alla capienza regolamentare. Tra i punti principali sanità e lavoro
Foto Bruni Trieste 27.06.2018 carcere Coroneo
Foto Bruni Trieste 27.06.2018 carcere Coroneo

TRIESTE Non solo il Def, il valzer dei numeri sullo sforamento del deficit, le risorse da trovare per il reddito di cittadinanza e quelle per la flat tax. Nei giorni convulsi della scrittura del Documento di economia e finanza, il Consiglio dei ministri ha approvato la nuova riforma delle carceri: cinque decreti legislativi con i quali il Cdm nei giorni scorsi è andato ad introdurre nuove disposizioni relative all’ordinamento penitenziario. E se è vero che vengono fatti passi avanti sui temi del lavoro retribuito e dell’assistenza sanitaria, rimane irrisolto uno dei grandi problemi come il sovraffollamento (59.275 detenuti a fronte di una capienza di 50.622, con un +30% per quanto riguarda il solo Fvg). Non c’è nessun potenziamento, invece, delle misure alternative.

Una scelta netta del nuovo governo giallo-verde che ha deciso di non seguire le indicazioni portate avanti dal percorso di riforma iniziato tre anni fa dall’ex Guardasigilli Andrea Orlando. «Un testo diverso, nelle opzioni di fondo», come scrive in una nota Palazzo Chigi. E che si caratterizza proprio nella «scelta di mancata attuazione della delega nella parte volta alla facilitazione dell’accesso alle misure alternative». Una riforma, quella appena approvata dal ministro Alfonso Bonafede, che non si distingue solo per questo, come ha spiegato il Garante Mauro Palma, ma anche per non aver saputo ripensare temi caldi come la «valorizzazione del volontariato, il riconoscimento del diritto all’affettività, nonché di revisione delle misure alternative finalizzate alla tutela del rapporto tra detenute e figli minori».

Il carcere non è un luogo per donne. Ma neppure per bambini. E, invece, dietro le sbarre degli istituti di pena italiani ce ne sono ben 62, costretti a vivere la detenzione assieme alle loro madri. Quasi la metà (30) vivono nelle “sezioni nido”: hanno meno di tre anni. Gli altri 32 passano la loro infanzia negli Icam. Qui si può restare fino ai 6 anni. In tutta Italia ce ne sono cinque: Torino, Milano, Venezia, Cagliari e Lauro. Ce ne sarebbe anche un altro, in Sardegna, a Senorbi, ma – come scrive il Garante nazionale nel rapporto presentato al Parlamento quest’estate – «mai entrato in funzione».

Secondo i dati del ministero della Giustizia in Fvg non si registrano, comunque, casi di madri con bimbi al seguito in cella. E se in alcuni istituti ci si è attrezzati con sezioni o vere e proprie stanze nido che tengono conto delle esigenze dei bambini, in altri non c’è nulla di tutto questo: «un reparto detentivo classico, talvolta anche in cattive condizioni materiali con carenza perfino di un lettino adatto a un bimbo di questa età, dove vivono non solo con le loro madri ma anche in promiscuità con le altre donne detenute». Bambini che imparano a parlare all’interno del carcere. Bambini per i quali parole come “blindo” o “passeggio” diventano la quotidianità. Bambini che vedono il cielo dietro delle sbarre.

Tra i punti principali della riforma c’è il tema dell’assistenza sanitaria. In particolare, si estende la gamma dei trattamenti che i detenuti possono chiedere a proprie spese e si ampliano le garanzie: il medico dovrà annotare nella cartella clinica, al momento dell’ingresso nell’istituto, le informazioni riguardanti eventuali maltrattamenti o violenze subite.

Più attenzione per gli stranieri per i quali si prevede un’alimentazione rispettosa del credo religioso e l’introduzione, tra il personale dell’amministrazione penitenziaria, di mediatori culturali e interpreti. Ampliate, poi, le ore minime che i detenuti possono trascorrere al di fuori delle celle. Così come le tutele per i detenuti esposti a minacce e soprusi per il loro orientamento sessuale.

Si punta, spiega il testo, «all’incremento delle opportunità di lavoro retribuito, sia intramurario sia esterno, nonché di attività di volontariato individuale e di reinserimento sociale dei condannati, anche attraverso il potenziamento al ricorso del lavoro domestico e a quello con committenza esterna». Vengono adeguate le paghe, che dovranno essere pari ai due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi.

Tra i cinque decreti approvati c’è anche quello che riguarda l’esecuzione della pena di condannati sotto i 18 anni e i giovani adulti (25 anni). Il testo introduce misure penali di comunità e la sorveglianza “dinamica” che prevede un più ampio accesso alle misure alternative e una minore possibilità di applicare l’isolamento.

Al di là della nuova riforma, i problemi del carcere continuano ad essere sempre gli stessi da anni. Sovraffollamento in primis. Proprio riguardo al Fvg, il Garante Pino Roveredo, nella relazione al Parlamento avverte: «I cinque istituti regionali ospitano 20 donne e 594 uomini per un totale di 614 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare pari a 476 unità». E, poi, una carenza di personale sia socio-educativo sia di polizia penitenziaria. Che porta a «forti ripercussioni sui carichi di lavoro e stress psicofisico con conseguenti ricadute sulla possibilità di attivazione e implementazione di progettualità specifiche». –


 

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