Caracciolo: «Da questa pandemia un inasprimento della partita Usa-Cina per il primato globale»
TRIESTE Una Pechino più potente e più amata in Europa, grazie ad aiuti non disinteressati. Una Russia indebolita. E una Washington dove i falchi si fanno sempre più ingombranti. L’Italia, come l’Europa, terra di conquista. Su tutto, lo scenario non irrealistico di un conflitto tra Usa e Cina. La pandemia potrebbe avere un forte impatto anche sugli assetti geopolitici mondiali. È quanto suggerisce Lucio Caracciolo, direttore di Limes – rivista che nel suo ultimo numero analizza proprio le conseguenze del virus sull’Italia - e che questa sera parlerà di pandemia e geopolitica a “Vicino/lontano On”.
Sappiamo che il virus ha cambiato la vita di miliardi di persone, sappiamo meno quali effetti la pandemia avrà sugli equilibri geopolitici mondiali.
Gli effetti economici e sociali di questa crisi ancora devono diventare evidenti e ciò dovrebbe accadere a partire dall’estate. Quanto accadrà sarà in buona parte riflesso della depressione economica alle porte. In generale non credo ci saranno nuove conflittualità, ma un inasprimento di quelle in corso.
A quali si riferisce?
Soprattutto alla crisi tra Stati Uniti e Cina, oggi perno di tutte le relazioni internazionali, che tocca tutti, anche l’Italia. In gioco c’è il primato mondiale. Il riarmo cinese – quello americano non si è mai fermato – la scelta di Pechino di decuplicare le proprie armi nucleari e insieme la strategia di contenimento Usa in Asia e altrove sono segnali di questa crisi. Che tocca anche l’Italia, che ha aderito in maniera enfatica alla Via Della Seta, causando attriti nei rapporti con gli Usa.
La tensione crescente tra Usa e Cina potrebbe evolvere in un conflitto aperto?
Quando parliamo di riarmo è chiaro che il rischio di una guerra è perfettamente logico. Penso che nessuno razionalmente voglia arrivare a uno scontro, anche se forse qualcuno a Washington e a Pechino ci sta pensando. Ma ci sono situazioni che si determinano da sole, basta una scintilla per provocare un incendio.
Chi potrebbe avere interesse a un conflitto? Dei “falchi” a Washington e a Pechino?
Dal punto di vista strategico americano, l’obiettivo è quello di sbarrare la strada a una Cina che molti in America considerano destinata a prendere il posto degli Usa nel sistema mondiale. E qualcuno potrebbe dire facciamo la guerra prima che sia troppo tardi, rallentiamo questa corsa. Per quanto riguarda i cinesi, la loro è una storia di lunghe frustrazioni nei rapporti con l’Occidente e c’è anche un nazionalismo cinese molto vocale. Queste due tensioni forse potrebbero sfociare in uno scoppio bellico nei mari cinesi, attorno a Taiwan.
Gli aiuti cinesi portati durante la pandemia, nei Balcani ma anche in Italia, sono disinteressati o c’è di più?
Almeno per quanto riguarda l’Italia è un’operazione molto riuscita di soft power. Operazione che fa parte di quella penetrazione cinese in Europa, che tocca anche i Balcani, e che mira a costruire una sfera d’influenza che costringa gli Usa sulla difensiva e garantisca a Pechino vantaggi economici e commerciali.
La Nato ha avvertito sulle possibili influenze maligne anche della Russia, commentando gli aiuti militari inviati in Italia. Tuttavia Mosca appare in difficoltà a causa del virus. Concorda?
Mosca attraversa una fase molto critica per il prezzo degli idrocarburi. E poi siamo nella parabola discendente del potere di Putin. La Russia però ha trovato nella Cina una sponda dopo aver perso l’Ucraina, un mutuo vantaggio.
Bruxelles ha fatto appello ai Paesi Ue a non seguire altri modelli di governance, come quelli cinese e russo, ai tempi dell’emergenza. C’è il rischio di nuovi Viktor Orbán, in Europa?
In un mondo così interconnesso, indipendentemente dal regime politico siamo tutti ipercontrollati. Tutto dipende da cosa si fa con queste informazioni. Bisognerebbe tirare una riga tra paesi più o meno democratici e liberali e altri che usano questi strumenti - magari anche con efficacia come la Cina – per controllare la società.
Come immagina il mondo dopo la pandemia?
Preferisco non immaginarlo, sarebbero delle fantasie. Ci possono essere delle speranze: che ci sia qualche grado di miglioramento non solo in economia, ma nel comprendere ciò che vale di più e ciò che vale di meno. Per l’Italia, che quella legittimazione insospettata delle istituzioni, quella fiducia dei cittadini nello Stato che non si immaginava possa continuare. E che magari lo Stato ricambi questa fiducia. —
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