“Caporalato-bis” nel cantiere, 20 operai ammessi parte civile

L’istanza dei lavoratori, per lo più bengalesi, accolta dal gup che scioglie la riserva. È stato anche richiesto il sequestro conservativo per almeno 500 mila euro
Bonaventura Monfalcone-03.03.2017 Manifestazione operai Fincantieri-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-03.03.2017 Manifestazione operai Fincantieri-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

TRIESTE Sono stati ammessi una ventina di lavoratori, per lo più bengalesi, quali parti civili nell’ambito del procedimento, in fase di indagine preliminare, in ordine al “caporalato” nell’appalto del cantiere navale di Monfalcone. È il secondo filone di indagine riconducibile alla famiglia Comentale, dopo il processo che aveva coinvolto i Commentale, conclusosi con 7 condanne al Tribunale di Gorizia. In questo procedimento sono 12 gli indagati, nonché 4 società, a titolo di persone giuridiche, all’epoca operanti nello stabilimento di Panzano.

Ammessa nella precedente udienza la Fiom Cgil quale parte civile, già presente al primo processo, ieri il giudice per le udienze preliminari Flavia Mangiante ha sciolto la riserva in merito ai lavoratori che avevano presentato la relativa istanza. Lavoratori all’epoca impiegati con mansioni di arpionatura e coibentazione a bordo nave, parti offese che ora sono entrate nel procedimento. Minacce all’insegna del licenziamento oppure delle dimissioni “indotte”, è l’ipotesi di accusa sostenuta dal pubblico ministero Laura Collini nei confronti degli indagati. Il procedimento preliminare fa riferimento anche all’associazione a delinquere e a illeciti di carattere amministrativo, finalizzati all’estorsione nei confronti dei dipendenti. Rientra inoltre l’ipotesi di accusa di truffa ai danni dell’Inps e dell’allora Provincia di Gorizia.

Ieri l’udienza è stata caratterizzata su tutto dalla richiesta della parte civile di un evidente tenore. I legali rappresentanti dei lavoratori, avvocato Manuela Tortora e Sara Carisi, hanno infatti calato l’asso dalla manica. Si tratta di un’istanza di sequestro conservativo quantificata in almeno 500 mila euro. Ciò sulla scorta del “blocco economico” per oltre 200 mila euro, già stabilito dal pubblico ministero rapportato al danno ipotizzato all’epoca in ordine ai contributi non versati e ad obblighi fiscali non onorati, in riferimento a tre componenti della famiglia Comentale, attraverso diverse tipologie di beni.

La parte civile ha sostenuto che il valore del sequestro conservativo disposto dalla pubblica accusa sia insufficiente a coprire il danno subito dai lavoratori, avendolo calcolato in circa 700 mila euro. Inoltre, ha evidenziato che parte dei beni già sequestrati sono rappresentati da titoli depositati presso la Banca Popolare di Vicenza, finita nelle more del crac. Da qui, dunque, la richiesta degli avvocati Tortora e Carisi di un nuovo sequestro conservativo. Dalle difese è invece stata sollevata una precisa eccezione, già preannunciata e proposta dall’avvocato Carlotta Campeis e diventata corale nell’associarsi all’istanza.

I legali difensori hanno sostenuto l’inutilizzabilità di una serie di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, in ordine all’ipotesi di accusa dell’associazione a delinquere. Ciò in virtù del fatto che il termine delle indagini preliminari, ha sostenuto l’avvocato Campeis, sia scaduto il 7 marzo 2013, ritenendo pertanto le successive acquisizioni inquirenti fuori tempo massimo. Un’eccezione alla quale la Procura s’è opposta sulla scorta di una tipologia di reato, quella dell’associazione a delinquere, da ritenersi permanente, quindi non soggetta a termini temporali.—


 

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