Caporalato, a Monfalcone fuori le ditte indagate

Sospesi i contratti a Scf e Iso C. Annullati da Fincantieri i badge. Gli operai protestano: «Siamo noi le vere vittime»

Badge revocati agli operai. È l’effetto collaterale dell’inchiesta “Freework 2” sul caporalato nel cantiere di Monfalcone. Quando ieri mattina i lavoratori delle ditte Scf e Iso C si sono presentati al tornello, non sono riusciti a passare il varco. I tesserini magnetici erano stati disabilitati. Immediate le proteste delle maestranze che hanno rivendicato il proprio diritto a lavorare con un picchetto. In una quarantina hanno presidiato i cancelli in attesa di risposte da parte di Fincantieri.

La risposta è arrivata in tarda mattinata. Martedì sera la Sait spa, società titolare dell’appalto di coibentazione sulle navi da crociera, ha ricevuto del Nucelo investigativo dei carabinieri di Gorizia l’informativa ufficiale relativa all’inchiesta “Freework 2”. In maniera automatica, la società ha sospeso i contratti di subappalto con Scf e Iso C dando comunicazione anche a Fincantieri che, di conseguenza, ha revocato i pass ai dipendenti delle due ditte.

Le dirette interessate non sarebbero state però avvisate in tempo e alle 5 le maestranze si sono presentate in cantiere dove, con sorpresa, non hanno potuto accedere. Al loro posto, a Panzano, la Sait ha mandato da Napoli il personale della Eurocoib. Ovvia la frustrazione dei lavoratori. In gran parte si tratta di stranieri, ma nel gruppo non mancano gli italiani. «Fino a che abbiamo fatto comodo, ci hanno tenuti. Ieri (martedì, ndr) abbiamo lavorato fino alle 22. Ora la Sait ci manda via senza nemmeno darci un minimo di preavviso. Siamo noi le vittime dei subappalti», dicono rivendicando con orgoglio il loro ruolo («Noi sappiamo soltanto una cosa: le navi le abbiamo fatte noi, con il nostro sudore»). I lavoratori difendendo anche le ditte di cui fanno parte: «Scf e Iso C hanno sempre pagato puntualmente i nostri stipendi il giorno 26 di ogni mese. Se vogliono mandare fuori gli indagati, a noi va bene, ma cosa c’entriamo noi dipendenti? In questa storia qualcosa non quadra».

I lavoratori si domandano il motivo per cui, per completare l’appalto, Sait abbia mandato l’ennesima ditta esterna anziché riassorbire loro che a Monfalcone già c’erano. In passato, in casi analoghi, in effetti, per dare continuità al lavoro, veniva chiamato un curatore esterno che si occupava della gestione ordinaria della ditta indagata. Considerata la materia delle indagini coordinate dal pm Michele Martorelli (secondo l’accusa tra le varie ipotesi di reato c’è la frode allo Stato; le ditte coinvolte avevano creato una rete per per scambiarsi gli dipendenti: li licenzivano e li riassumeno allo scopo di ottenere gli incentivi previsti per il riassorbimento) il passaggio degli operai da Scf o Iso C a una terza ditta apparirebbe come minimo inopportuno.

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