Capitale della scienza ma Trieste resta isolata

Trieste, piazza Unità: la facciata del palazzo del municipio nei giorni di Esof2020
Trieste, piazza Unità: la facciata del palazzo del municipio nei giorni di Esof2020

TRIESTE. Capitale europea della scienza, ma città più isolata d’Italia: né voli, né treni. C’è un che di stridente tra l’atmosfera internazionale che Trieste è tornata a respirare in questa settimana, in cui Esof2020 ha portato un soffio di normalità ritrovata nelle nostre coscienze piegate dal Covid, e il mesto primato d’inaccessibilità che la regione e la città vantano ormai dall’inizio dell’anno.

Quasi ce li immaginavamo, ricercatori e luminari a cercare invano davanti a un video le connessioni aeree e ferroviarie per raggiungere la capitale della scienza (che saremmo noi), e oggi se ne torneranno con altrettanto disagio da questo lembo d’Italia mai così remoto e stranito, con un aeroporto tirato a lustro e le piste deserte, e una stazione ferroviaria cupa e quasi archeologica nella sua fissità. Trieste è sempre stata un nido di contraddizioni, ma oggi ne è il regno. Che cosa siamo?

Parliamo, per esser precisi, di Alitalia e Trenitalia: un disastro epocale che rimarrà nei manuali delle business school la prima, un monumento d’astuzia la seconda. In entrambi i casi, l’emblema di aperture al mercato fallite o fasulle, con un sostanziale monopolio delle rotte e dei tragitti che ha camaleonticamente continuato a succhiare contributi pubblici solo in forme diverse. In passato c’era lo Stato a ripianare i conti. Ora vige un furbo pressing passivo sulle Regioni (compresa la nostra).

Le tratte con Roma e Milano non sono economicamente sostenibili, è la risposta standard, «a meno che la Regione non contribuisca...». E poiché non si possono lasciare le persone a terra, prima o poi la Regione contribuisce, almeno finché può. Così Pantalone paga oggi come ieri, avendo solo sostituito il portafogli della Regione a quello dello Stato: un capolavoro. Ma ora che anche il debito territoriale è schizzato a livelli mai raggiunti, anche quella vena s’è esaurita. Sicché oggi dal Friuli Venezia Giulia non si vola più su Milano, lo si fa una volta al giorno su Roma, le si raggiunge in treno con il contagocce. Alcune settimane fa vi fu un’insurrezione parlamentare, ma era a uso personale: riottenuto l’andata e ritorno da Ronchi dei Leginari a Roma, deputati e senatori si sono messi tranquilli e il tema è uscito dalla lista delle priorità.

E invece è non solo una priorità, ma persino un’emergenza. Man mano che l’impatto economico e sociale del Covid sarà superato, le possibilità di avviare una reale ripresa economica per Trieste e la regione saranno direttamente proporzionali alle possibilità di trasporto: tornerà a valere per i (pochi) congressisti di oggi e per quelli di domani, così come per i turisti, i manager, i ricercatori, i tecnici qualificati, gli studenti universitari. Anche se abbiamo scoperto le pseudo-comodità e i risparmi delle videoconferenze, è la possibilità di movimento delle persone che fa e farà l’economia. Le aziende s’insediano dove possono accedere, le opportunità sorgono dove le persone vogliono vivere e dove le merci girano rapidamente e senza ostacoli. L’isolamento delle città comporta distacco e impoverimento culturale, sociale ed economico.

Beninteso, il settore dei trasporti vive problemi gravi e reali e non è in cima alla lista dei cattivi. Tuttavia, delle due l’una: o Alitalia, che sta per godere di un’altra sconcertante iniezione di denaro pubblico “grazie” all’emergenza Covid (non sarebbe stata possibile altrimenti), è indotta proprio per questo a svolgere un servizio equilibrato sul territorio nazionale come condizione della permanente “socializzazione” della sua voragine, oppure la stessa mano pubblica deve creare le condizioni per stimolare un’offerta alternativa da parte di altri vettori aerei.

È troppo comodo scaricare eternamente le perdite sui cittadini ma accampare una logica “privatistica” quando si scelgono le rotte. In entrambe le ipotesi, la situazione esige un’azione energica e concertata da parte della classe politica e dirigente regionale, mentre il senso di quest’assoluta priorità sembra essersi smarrito dopo qualche sfuriata. Avere riottenuto il volo mattutino per Roma ha reso i parlamentari tutti felici. Ma l’emergenza è rimasta tale e quale, anche quando loro si mettono comodi. –

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