Caos Università popolare di Trieste, il direttivo getta la spugna

Deciso l’invio alla Prefettura della richiesta di commissariamento dell’ente. I 12 dipendenti: «Si tuteli l’occupazione». E arriva lo sfratto da via Torrebianca
Foto BRUNI 05.09.2018 Università Popolare
Foto BRUNI 05.09.2018 Università Popolare

TRIESTE Dopo il collegio dei revisori dei conti, ora a chiedere il commissariamento dell’Università Popolare di Trieste è anche il consiglio direttivo riunitosi nel primo pomeriggio di ieri. Seduti attorno a un tavolo, il ministro plenipotenziario Francesco Saverio De Luigi, la presidente dimissionaria Cristina Benussi, il suo vice Renzo Codarin, il rappresentante dei soci Massimiliano Rovatti e il direttore generale Fabrizio Somma hanno deciso di inviare la richiesta alla Prefettura allegando anche il bilancio 2017 dell’ente, redatto nei giorni scorsi dagli uffici con la supervisione del membro del cda indicato dal Comune di Trieste, Piero Colavitti, e che fotografa, per il quarto anno consecutivo, una situazione di passività.

«Nessuno qui dentro si è intascato dei soldi Il budget è stato sforato per garantire le attività»


Che a chiedere che Upt venga commissariata sia lo stesso consiglio direttivo, l’organo amministrativo dell’ente, è particolarmente significativo e non lascia scampo alle sorti della realtà di piazza Ponterosso. Ormai c’è solo da attendere: il cda verrà sciolto e a guidare l’ente, cercando anche di far emergere eventuali responsabilità sul quadro finanziario, sarà un commissario. Una situazione che da settimane ormai tiene con il fiato sospeso i 12 dipendenti di Upt, che per esprimere preoccupazione per il loro futuro lavorativo hanno inviato una lettera al direttore generale del ministero degli Affari Esteri, al prefetto, al presidente della Regione e al sindaco. «Siamo estremamente preoccupati per il nostro posto di lavoro presso questa storica istituzione – scrivono –, chiediamo che l’incresciosa situazione, mai verificatasi nella storia di Upt, veda tutelata la continuità lavorativa e salvaguardata la dignità professionale dei dipendenti che da molti anni (chi dall’età di 17 anni, chi alla soglia dei quattro decenni di servizio) operano con passione e abnegazione».

Ricordando come Upt sia parte del tessuto culturale cittadino, i dipendenti chiedono «non vada persa l’azione di salvaguardia della lingua e della cultura italiana in Slovenia e Croazia che l’ente da sempre svolge».

Nell’ottica della nomina di una commissario, quanti lavorano negli uffici di piazza Ponterosso si augurano venga «riservata attenzione alla scelta di chi ricoprirà questo fondamentale ruolo, tenendo in principale riguardo la conoscenza della nostra realtà istituzionale da parte dell’interessato». Nella lettera, quanti da anni vivono ogni giorno quella realtà raccontano come dal 1946 i corsi di lingue e cultura organizzati da Upt abbiano raccolto quasi 238 mila adesioni. «Auspichiamo – scrivono i lavoratori – vengano individuate quanto prima le responsabilità di questa grave crisi che rischia di compromettere quanto costruito, nel corso di decenni, da parte di autorevoli personalità del mondo culturale e scientifico triestino con senso di responsabilità, alti valori e coinvolgimento emozionale».

Intanto per l’Università popolare arriva un’altra tegola. Nei giorni scorsi è stato comunicato lo sfratto dal locale affittato dal 2014 in via Torrebianca e dove si tenevano alcuni corsi. L’affitto era fissato a 18 mila euro all’anno, poi era stata avviata una trattava per ridurlo. Era stato deciso che la somma venisse pagata ogni anno in un’unica soluzione, entro la prima settimana di agosto. Il pagamento non è arrivato, i solleciti non hanno avuto effetto e la proprietà ha inviato la lettera di sfratto. —


 

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