Caos Isee in regione: nei Caf a rischio una certificazione su due
TRIESTE. I Caf non possono più sostenere, in perdita, il peso dell’elaborazione degli Isee. Tanto più con l’aggravante dei tempi ulteriormente allungati nell'ultimo biennio a seguito della riforma governativa che ha complicato più di un passaggio. Per questo, a fronte del mancato rinnovo della convenzione con l'Inps che ha assicurato fino allo scorso dicembre la copertura di una parte dei costi, pure in Friuli Venezia Giulia il servizio verrà sospeso il 15 maggio. Con l'effetto di incagliare, stando alle stime di Cgil, Cisl e Uil, non meno di 50mila pratiche. Di fatto una su due rispetto a un totale annuale che supera le 100mila unità in regione.
I Caf dei sindacati si caricano della maggior parte delle Dichiarazioni sostitutive uniche (Dsu), il documento che contiene le informazioni di carattere anagrafico, reddituale e patrimoniale attraverso le quali si ottiene l'indicatore Isee per la richiesta di prestazioni sociali agevolate. Più in generale a firma Caf sono quasi 9 Dsu su 10 stando ai dati resi noti dall'Inps.
La partita coinvolge così tutti i Centri di assistenza fiscale (compresi dunque quelli delle categorie, degli enti cattolici, degli ordini professionali) e, non a caso, l'azione di protesta è portata avanti dalla Consulta nazionale. «Caro cittadino - scrive in una lettera la rete dei Caf -, saremo costretti a sospendere il servizio Isee a tempo indeterminato in attesa di risposte concrete dall'Inps e dal ministero del Lavoro sul rinnovo della convenzione scaduta lo scorso 31 dicembre e sull'entità del compenso riconosciuto per il servizio».
Il nodo è infatti economico. L'Inps riconosce un compenso che i Centri fiscali già ritenevano eccessivamente contenuto: a fronte di un costo di ogni pratica pari a 23,80 euro, l'istituto previdenziale ha valutato sino all'anno scorso ogni dichiarazione lavorata dai Caf meritevole di 13 euro. Poco, troppo poco in una fase in cui, in tempi di crisi, l'esigenza è aumentata (nel 2016 si sono contati 5,5 milioni di Isee, la stima per il 2017 è di 6,5 milioni, circa il 20% in più) e le difficoltà non sono diminuite.
A peggiorare le cose tuttavia, denuncia ancora la Consulta nazionale, è stata l'intenzione manifestata dall'Inps di ridurre di un ulteriore 30% la quota per i Caf: 14,30 euro a Isee è stata la richiesta dei centri di assistenza, 9,70 euro la controproposta dell'istituto. Di qui la rottura e il mancato rinnovo della convenzione.
La conseguenza non è stata immediata perché il lavoro è stato comunque portato avanti nei primi mesi dell'anno ma ora, in assenza di un accordo, è arrivato il momento dello stop: tra una settimana non sarà più possibile ricorrere ai Caf per l'Isee.
Un guaio non da poco, sottolineano pure i sindacati regionali. Concordi nell'evidenziare che, prima della campagna fiscale di primavera, i Caf hanno lavorato sodo sul versante Isee, qualche migliaio di pratiche è già stato definito (in Italia a rivolgersi ai Centri sono stati 2,5 milioni di famiglie da gennaio a marzo), ma si può ipotizzare che il blocco in Fvg riguardi circa una documentazione su due, quindi attorno alle 50mila. Proprio ieri a Roma una delegazione sindacale ha incontrato il direttore dell'Inps Gabriella Di Michele e, informano i sindacati locali, ne avrebbe tratto la sensazione di un'apertura. Ma la questione resta irrisolta e non poco preoccupante.
«Siamo in una situazione inaccettabile - dice Emanuele Iodice della segreteria regionale Cgil -: proprio in un periodo in cui il governo sta sempre più collegando i suoi provvedimenti all'obbligo di un documento Isee, ci si disinteressa di quella che dovrebbe essere una priorità, vale a dire non caricare il cittadino di questo costo».
Anche la Cisl, con Giulio Arbanassi, presidente della società Caf che segue le province di Trieste, Gorizia e Alto Friuli, denuncia la grave penalizzazione a danno delle fasce deboli della popolazione: «Nella sola Trieste abbiamo già elaborato 5mila pratiche quest’anno. Venisse confermato il blocco del 15 maggio, ci troveremmo a disdire 400 appuntamenti già fissati».
«Roma mostra una incredibile insensibilità rispetto alla ripetute rimostranze di sindacati e cittadini - conclude Claudio Cinti, segretario organizzativo della Uil regionale -. Cittadini che non vengono messi nelle condizioni di esercitare il diritto di accesso al welfare».
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