Caos in Serbia, in 19mila tornano alle urne
BELGRADO. È caos in Serbia a meno di una settimana dalle elezioni anticipate tenutesi domenica scorsa. Elezioni che nelle intenzioni del premier Aleksandar Vucic avrebbero dovuto rafforzare la stabilità politica nel Paese balcanico, ma che invece stanno provocando un vero terremoto, tra accuse di brogli e risultati ufficiali che tardano ad arrivare.
A causare la confusione maggiore, l'assenza di dati ufficiali definitivi sul voto, provocata da nuovi conteggi e verifiche relative a 99 sezioni contestate. E soprattutto un aggiornamento esplosivo da parte della commissione elettorale centrale (Rik), che ha provocato le ire della coalizione formata dai conservatori-nazionalisti del partito Dss e dall'estrema destra di Dveri. Rik ieri notte ha fatto sapere che, sulla base del 99,82% delle schede scrutinate, Dss-Dveri sarebbe ora al 4,99% dei consensi, dunque sotto la soglia di sbarramento del 5%; e fuori dal Parlamento. Il tutto per un solo voto, una vera doccia fredda. La coalizione, quando lo spoglio era arrivato al 98,5% delle schede scrutinate, era sicura invece di aver conquistato il 5% dei consensi, una percentuale che avrebbe garantito 13 seggi alla “Skupstina” per gli uomini della leader dei Dss, l'ex ambasciatrice serba in Italia Sanda Raskovc Ivic e per il numero uno dei clerico-nazionalisti di Dveri, Bosko Obradovic. «Questa è una disgrazia e una vergogna», ha dichiarato Obradovic subito dopo la lettura dei risultati.
Cosa accadrà ora? Se i risultati attuali dovessero essere confermati a sorridere sarà il partito del premier Vu›i„. Se i 13 seggi di Dss-Dveri dovessero essere redistribuiti, l'Sns di Vu›i„ ne otterrebbe infatti sette, salendo dai 131 attribuiti in precedenza a 138. Ma anche questo quadro potrebbe mutare. Il Rik ha difatti deciso, a causa di «gravi errori» riscontrati nello spoglio delle schede, di far ripetere il voto in 15 sezioni su tutto il territorio nazionale. A tornare alle urne il prossimo quattro maggio saranno circa 19 mila elettori, un numero più che sufficiente per stravolgere di nuovo lo scenario attuale. Scenario che deve mutare, ha preteso ieri il leader del Partito democratico (Ds), Bojan Pajtic, chiedendo ai simpatizzanti democratici e degli altri partiti d'opposizione di recarsi alle urne nei seggi dove si ripeteranno le elezioni, turandosi il naso e votando la destra di Dss-Dveri. Malgrado le differenze di programma, bisogna «difendere la democrazia», ha sottolineato Pajti„.
Al suo fianco, in una conferenza stampa congiunta, Raskovic Ivic ha parlato di 300mila voti "rubati" e «attribuiti all'Sns», annunciando per oggi una manifestazione di protesta davanti alla sede del Rik cui parteciperanno i sostenitori dei partiti d'opposizione, radicali di Sešelj esclusi. «Denunceremo Raskovic Ivic, Obradovic, Pajtc„ e altri rappresentanti dell'opposizione, cercano di manipolare il processo elettorale, di fare pressioni sul Rik e di entrare con la forza in Parlamento», ha risposto l'alto papavero dell'Sns Aleksandar Martinovic.
Ma anche Vucic, parlando l’altra sera alla Tv privata Prva, aveva in precedenza replicato gli avversari. Assurde le loro accuse, «mai in vita mia ho rubato qualcosa», ha detto il leader conservatore che ha poi arrischiato un paragone azzardato lodando l'opera del suo governo: nel giro di due-tre anni l'esecutivo ha portato a termine tanto quanto aveva fatto Tito ai tempi dell'ex Jugoslavia. «Un giorno», ha aggiunto, «diranno che anche Vu›i„ ha fatto come ha fatto Tito, fino a quando non dovesse arrivare un terzo». Un terzo che ancora non s'intravede all'orizzonte: orizzonte che in Serbia, al momento, è offuscato solo da scure nubi.
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