Cantine del Collio in vendita, Silvio Jermann: «Resto in azienda. Ho ancora progetti da realizzare»

Il numero uno della cantina di Dolegna rompe il silenzio: «Abbiamo conservato delle quote non irrilevanti»
Silvio Jermann
Silvio Jermann

DOLEGNA «Ho ancora tante idee e progetti da realizzare. Cambiano certe dinamiche, ma l’azienda continuerà ad avere un forte legame col territorio. E ho tutta l’intenzione di fare la mia parte». Silvio Jermann interrompe il silenzio seguito alla notizia della cessione di parte delle quote delle sue pregiate cantine al gruppo toscano Antinori. Dice di comprendere perfettamente il clamore suscitato dalla notizia ed ancor più i dibattiti che ne sono scaturiti. E, pur non volendo entrare nei dettagli di un accordo comunque storico, tiene ad affidare al Piccolo alcuni ulteriori elementi.

«La decisione presa rientra nel novero di scelte che prima o dopo un imprenditore si trova a dover fare – commenta l’imprenditore ed enologo creatore dell’acclamato Vintage Tunina –. Tengo solo a sottolineare un aspetto a mio avviso molto importante: e cioè che, a differenza di altre cessioni che si sono verificate nel recente passato, la mia azienda non passa completamente di mano. Abbiamo conservato delle quote non irrilevanti – spiega Jermann – e questo lascia aperta la porta ad alcune opzioni: la prima, che io stesso continui ad avere un ruolo. Ci sono tanti progetti e sfide nel cassetto e penso di avere ancora qualcosa da dare. La seconda: se un domani i miei figli volessero dare continuità a quanto portato avanti dal loro padre e dai nostri avi, avranno la possibilità di farlo. Con Antinori non abbiamo dato vita ad una mera incorporazione, ma ad una partnership che sono certo possa essere un’opportunità di grande livello, per loro e per il marchio Jermann. E spero per tutto il Collio».

Altro, il patron delle cantine di Ruttars e Villanova non se la sente di dire. Se non che il gruppo Antinori saprà porsi con competenza e rispetto nei confronti del territorio in cui approda. «Avremmo potuto farci tentare dal primo fondo di investimento che passava da queste parti, e assicuro che qualche interessamento c’era – confida Jermann –. Ma a noi interessano i progetti e l’amore per il vino, e su questo sono molto sollevato perché la storia di Antinori sotto questo punto di vista rappresenta una grande garanzia».

Il Collio non è nuovo ad attrarre attenzioni “forestiere”. Se oggi il territorio calamita le attenzioni dei grandi brand toscani e veneti del vino, c’è stato un tempo in cui – globalizzazione ante litteram? – erano i francesi ad investire sul territorio e i suoi vigneti. «L’amore dei francesi per il Collio goriziano e per i suoi vini ha radici antiche, quand’era tutt’uno con la Goriska Brda», spiega l’esperto di gusto Stefano Cosma. Con la Rivoluzione francese arrivano i primi esuli, come Albert-François de Moré, conte de Pontgibaud, che acquista vaste proprietà agrarie nella contea di Gorizia, vicino a Ronchi. Quindi sarà la sorella di Napoleone, Elisa Baciocchi, a possedere una tenuta a Villa Vicentina, e a Canale in Slovenia. E poi Louis di Blacas, che possiederà un’azienda vinicola a valle di Oslavia, con i vigneti affacciati sull’Isonzo. Ma certamente il più noto e più citato vignaiolo francese trapiantato nel Collio è il conte Teodoro La Tour en Voivre, che nel 1868 costruisce “Villa Russiz”. Sarà lui a portare i vitigni francesi in Friuli. E che dire dei tedeschi: il castello di Spessa a inizio ’900 venne acquisito dal medico di Lipsia Eduard Rockerath, che come enologo assunse Rudolf Gareis, fatto venire dalla valle del Reno». —

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