Cantiere bloccato e posti letto tagliati, esodo di pazienti da una Torre all’altra

TRIESTE Fuori reparto: una fastidiosa definizione che all’ospedale di Cattinara degenti e operatori conoscono bene. Soprattutto se, a farne i conti, sono quei pazienti costretti ad affrontare un percorso post-operatorio nella stanza assieme a “colleghi” con necessità completamente differenti.
A pesare la mancanza di strutture alternative al Pronto soccorso e nei reparti, e il taglio dei posti letto - circa una settantina a detta di Mario Lapi della Cisl -, alcuni dei quali prima ospitati nei cinque piani della Torre medica, ora chiusi perchè interessati dal maxi cantiere da 140 milioni avviato per restaurare la struttura esistente e costruire la nuova sede del Burlo. Cantiere, come noto, bloccato da mesi.
Uno stop che, come dimostra appunto il caso dei fuori reparto, inizia a pesare non poco sulla vita interna all’ospedale e, proprio oggi, sarà tra l’altro al centro di una riunione tra l’assessore regionale alla Sanità Riccardo Riccardi e i vertici dell’Azienda sanitaria. Un’occasione per fare il punto sui lavori interrotti lo scorso autunno a causa del mancato via libera definitivo al progetto esecutivo alla ditta Clea da parte dell’organismo di valutazione indipendente incaricato di esaminare la validità del progetto.
Tornando all’esodo di pazienti che non trovano posto nella Torre medica e vengono spostati in Torre chirurgica, va detto che il problema esisteva anche prima della ristrutturazione. Ma, di certo, non è migliorato ora a gru ferma. I numeri dei fuori reparto oscillano di giorno in giorno. Si parla di «picchi di 40-45 pazienti e di una media di 20», specifica Fabio Pototschnig, segretario provinciale Fials/Confsal, «con la conseguenza che si ritardano anche le operazioni: è un meccanismo che provoca disagi generalizzati».
Commenta Rossana Giacaz della Cgil: «È vero che c’è del personale che monitora quotidianamente la situazione e si occupa del riassorbimento, ma non è questa la soluzione. Parliamo da anni di modificare il sistema: spero che Fedriga investa di più sulla territorialità». La soluzione infatti, per i sindacati, ma anche la riforma lo dice, è un incremento di servizi sul territorio. «Lo scorso anno abbiamo avuto una diminuzione di circa 50 posti letto con la chiusura del Bic (l’Area a Bassa intensità di cure, ndr), l’accoglimento condiviso e a causa dell’accorpamento tra oncologia ed ematologia clinica - dice Lapi -. Sommando i picchi d’influenza e la chiusura dei cinque piani della Torre medica è ovvio che permanga il problema dei fuori reparto, soprattutto se non è stata completata la territorialità: con le strutture a bassa intensità non occorrerebbe il ricovero ospedaliero per certi casi».
Ancora più drastico Claudio Illicher della Cimo. «Il Pronto soccorso è collassato. I lavori sono fermi e nessuno ci spiega perché». —
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