Cantada a porte chiuse e sior Anzoleto se la prende con il “carognavirus”

MONFALCONE Come una città da spaghetti western, dove è mancato solo il vento a far rotolare le balle di fieno secco lungo le strade deserte, Monfalcone ha assistito all’edizione 2020 della Cantada, andata in scena nonostante il semi “coprifuoco” che ha sospeso la 136ª sfilata dei carri, rinviandola a data destinarsi, e pure il tradizionale spettacolo mattutino in piazza della Repubblica. The show must go on e pazienza per il «carognavirus», come è già stato ribattezzato ieri dall’allegra brigata de sior Anzoleto, al secolo Orlando Manfrini, cantore del Testamento. Un compendio in sei pagine battute alla tastiera delle “malefatte” della magnadora.
La lettura è avvenuta nella sala (a porte chiuse) del Municipio, puntuale a mezzogiorno: spettatori unici i giornalisti, quattro telecamere, svariati cellulari che hanno immortalato la commedia, mezza giunta comunale con il sindaco Anna Cisint in testa e un minimo di codazzo rappresentato dai volontari della Pro loco e i parenti dei protagonisti, in particolare la mamma della sposa Marta, cioè Luisa Bidoli, vedova di Piero Poclen, ricordato ieri. Al termine della recita, in diretta streaming, spontaneo un crocchio di maschere (gli «irriducibili») si è radunato ai piedi del municipio e ha intonato Viva la Rocca, Rosamunda e altri brani da tradizione. Niente banda civica, ma c’era il suo presidente Adriano Persi, con cappello da cowboy e lustrini.
Tra l’altro uno dei primi citati nel Testamento, dove hanno tenuto banco in 25 minuti fatti e misfatti politici di un anno. In apertura proprio il rimando a una querelle che ha toccato i rapporti tra associazioni e Comune: «No se pol dir più quel che te pensi – ha scandito sior Anzoleto –, servi el codice de comportament, che el devi esser politicamente coretto e gaver el nesso sinallagmatico. Termini tropo dificili, par mi. Che bel che iera ’na volta, ma purtroppo ogi i veci valori xe ’ndadi...Persi!». Quindi, dopo aver fatto le pulci all’alleanza gialloverde e giallorossa, ne ha avute anche per il premier Conte: «Gavè notà che gà el naso longo? Che sia la reincarnasion de Pinocchio? Sarà ’na mia impresion, ma in sto ano e meso che el xe al governo al naso ghe se gà slungà».
Quindi la satira sull’ossessione per le pulizie e il controllo politico della prima cittadina, alias «sceriffa», che però ha riso alle battute di sior Anzoleto: «A ela no ghe scanpa gnente. I assessori i xe bianchi de cago co i vien ciamadi a raporto. A ela no ghe va ben gnente, se no xe roba che la ga approvà». «Ma – ha proseguito – anca la zente devi star tenta: un buta na cica par tera, ecola che la riva a zigarghe, a ciamar i vigili e cala la multa. Imaginé co iera Giovanin dei usei, poret, nol gavessi podù gnanca tirar su le ciche per farse na fumada». Ma Anzoleto ne ha avute anche per la giunta e pure per l’ordinanza sulla birra calda. Né è passata indenne l’opposizione, definita «contromagnadora, che sarie la magnadora de prima: solo che ades i xe un pochet in dieta, no i magna più tant, ma i rosega un poc». E nel ricordare le «benedete dimisioni» di «Silvietta, Paoletta e Marina», cioè le consigliere dem Altran, Benes e Turazza, ne ha sottolineato il sacrificio «par farghe posto ai zovini de bele speranse: Zorzin, Fogar e Del Bello, nomi mai sintudi prima». E ancora, stoccate non proprio politically correct al centrosinistra: «Quei de la contromagnadora i sbraita, i ziga, no i sa più cossa far, ma quando xe de difender i foresti i xe in prima fila. Per forsa, i spera de becar i voti dei foresti, almeno de quei che ancora no i li conossi!». Non è mancato un riferimento al caso professori: «Ve lasso le liste de proscrision de i insegnanti. I fa propaganda a scola, ma guai a dir».
Insomma, stoccate senza fine. Con la bella sposa gambalonga Marta Poclen e il notaio Toio Gratariol, alias Carlo Blasini, ad affiancare il mattatore sottolineando che «si è voluta mantenere la tradizione della Cantada in ossequio a un detto bisiaco: “Piutosto che perder una tradision, meio brusar il paese”». –
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