Canale di Panama, mediazione della Ue
TRIESTE. Conto alla rovescia per decidere la vertenza sul raddoppio del Canale di Panama, che vede contrapporsi l’Authority gerente al consorzio Gupc, partecipato da importanti gruppi europei, tra cui l’italiana Impregilo Salini con un impegnativo 38%: oggi scade l’ultimatum. Se rispettato, i lavori, giunti ormai al 70%, si fermeranno, con conseguenze tutte da valutare.
Proprio il forte coinvolgimento imprenditoriale e finanziario del Vecchio Continente ha spinto la stessa Commissione Ue, attraverso il vicepresidente Antonio Tajani, a intraprendere un tentativo di mediazione per risolvere il delicato contenzioso, che riguarda il ragguardevole extra-costo di 1,6 miliardi di dollari, circa un terzo in più di quanto era stato inizialmente negoziato. Perchè? Cause tecniche legate ai materiali di costruzione del raddoppio.
L’immediato obiettivo di Tajani è di fermare le lancette e strappare una proroga di qualche settimana. La situazione non si classifica tra le meglio promettenti, visto che il diretto intervento del governo spagnolo - il principale socio del consorzio Gupc è l’iberica Sacyr - non ha finora sortito effetti positivi. Sembrava, proprio per bocca del presidente di Sacyr Manuel Manrique, che fosse possibile chiudere il braccio di ferro con un compromesso, che a tuttora non è stato ancora definito.
Anzi, il presidente dell’Acp, l’authority che gestisce il Canale, Jorge Quijano ritiene più probabile che si giunga a una rottura e prende in considerazione l’ipotesi di un nuovo costruttore in luogo del “cartello” europeo. Sull’operazione sembra stagliarsi l’inquietante ombra del colosso statunitense Bechtel, che nel 2009 venne superato dall’eurocordata.
Anche il governo italiano si è lentamente messo in moto: il ministro Lupi ha parlato con Pietro Salini e Luisa Todini, a loro volta ricevuti anche dallo staff di palazzo Chigi. L’esecutivo Letta si è finora mosso con prudenza sulla partita panamense, in considerazione dei rapporti intercorsi tra il presidente Martinelli e il faccendiere Valter Lavitola.
Ragione ulteriore di attenzione per il “dossier Panama” è correlata all’economia friulo-giuliana: infatti il gruppo pordenonese Cimolai aveva ottenuto dal consorzio Gupc la commessa di 16 paratoie da inserire nel raddoppio del Canale. Un ordine da 350 milioni di dollari, che non solo impegnava gli stabilimenti friulani, ma coinvolgeva il porto di Trieste per la spedizione via-mare delle ingombranti strutture d’acciaio. La prima “tranche”, composta da 4 paratoie, era stata trasportata da un’unità speciale della sudcoreana Stx l’estate scorsa, con un viaggio atlantico di circa un mese. E adesso Cimolai aspetta di sapere quale destino toccherà alle restanti 12, il cui allestimento era inizialmente previsto per la primavera di quest’anno.
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