Campioni dalla parte del cricket: «Lo sport integra e unisce»
MONFALCONE La diaspora degli adolescenti bengalesi ai quattro angoli delle periferie monfalconesi, dal parco Cellottini al Lisert, passando per l’Area verde, nel (finora) irrealizzabile tentativo di trovare un campo su cui disputare lo sport nazionale, il cricket, non lascia indifferenti i medagliati, gli atleti più ammirati in città, gli azzurri, insomma i campionissimi. Per loro la richiesta di dar sfogo alla passione per mazza e pallina è più che legittima. Non per una particolare predilezione per una disciplina che ai profani, più avvezzi a calciare un pallone o chiamare la randa al centro, può apparire ostica per via dei numerosi intervalli e la terminologia complicata, ma per il valore a tutto tondo di uno sport, qualsiasi sport, in sé.
Perché come giustamente afferma Stefania Buttignon, campionessa iridata di canottaggio che ha conquistato il titolo del doppio pesi leggeri Under 23 in Polonia, con annesso record mondiale, «nello sport non sei mai solo», soprattutto, qualsiasi sia l’attività, «ti aiuta a uscire dai momenti di difficoltà, che possono essere un problema familiare o scolastico, un difficile rapporto in classe, il bullismo: nella disciplina trovi invece un allenatore, un compagno di squadra, che ti sostiene sempre, ti spalleggia, ti aiuta a crescere». «Lo sport – spiega l’atleta della Società canottieri Timavo – ti aiuta a cadere e a imparare a rialzarti, una cosa molto importante anche nella vita quotidiana».
La due volte campionessa di vela nel mondo Chiara Calligaris, Pechino 2008, è disposta ad andare a parlare al sindaco Anna Cisint per sostenere la causa del cricket e a lanciare una petizione tra gli altri azzurri d’Italia. Una firma l’ha già trovata in città: proprio Stefania Buttignon assicura che aderirà. «Purché si faccia sport – afferma la vicepresidente delle Stelle olimpiche – va bene qualsiasi cosa. Penso sia giusto aiutare a trovare uno spazio adeguato per dar la possibilità di praticare questa attività. C’è il rischio che diventi una specie di “ghetto”? Cioè un campo praticato solo da adolescenti asiatici? Intanto se si costituisce un’asd, come avviene in questi casi, la squadra si affilia al Coni e dunque è tenuta a rispettare le nostre regole». «Se ne parlerei col sindaco? Certo, mi espongo volentieri – prosegue – e sono disponibile a promuovere una raccolta firme tra gli sportivi d’Italia». Per Calligaris «è da sciocchi non dare questa opportunità: finché si pratica attività fisica il messaggio che ne esce è sempre positivo». «Si vuole togliere – conclude – i bengalesi dai bar e dalla piazza, bene: lo sport è salute. Per questioni di lavoro sono stata in Pakistan e ho personalmente avuto modo di vedere quanto il cricket sia praticato e quanto quel popolo ci tenga da un punto di vista culturale».
Anche Luca Piemonte, oggi allenatore, canoista sprint, quarto posto nei K-4 1000 metri alle Olimpiadi estive 2008 di Pechino, ritiene che il cricket «sia un’opportunità da dare se c’è, come sembra, la volontà di praticare questo sport». «Io non ci vedo controindicazioni», dice. «Non saprei individuare una soluzione – spiega –, ma penso che il Comune o le istituzioni debbano dare questa chance. Nella pratica di uno sport la nazionalità non è un discrimine, mentre portare avanti una disciplina rappresenta sempre un qualcosa di positivo». «Sarebbe poi bello – continua Piemonte – che il cricket si aprisse a tutti i cittadini. Mi sembra un modo per inserire e integrare le persone». «E chissà che non venga un campione monfalconese anche da là!», conclude ottimista.
In fondo non un sogno così irraggiungibile, visti i talenti che una città di trentamila anime ha saputo partorire nelle diverse generazioni, a partire da Mauro Pelaschier, per tutti lo skipper di Azzurra. Sì, perché tornando alle parole della giovane e brava Stefania Buttignon, «lo sport ti fa volare, tira fuori una parte di te che nemmeno sapevi di avere, e ti fa raggiungere obiettivi che potevano sembrare inarrivabili». Insomma, «nello sport non sei mai solo e c’è una mentalità che in altri ambienti non si riscontra». Dunque per la campionessa «ben venga se i bengalesi hanno così tanta voglia di esprimersi in quella che è la disciplina nazionale»: «Se riescono – conclude – ad affittare il campo di via Timavo mi sembra una cosa bella, perché lo sport unisce tanto e favorisce l’integrazione». Siamo abituati a seguire i campioni nei loro risultati agonistici, ma anche quando toccano temi che non c’azzeccano coi record, è un piacere stare ad ascoltarli. Chissà che non ne venga fuori qualcosa. –
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