Campagna antinfluenza: a Trieste e Gorizia adesione flop dei pediatri

Disposti a fare le iniezioni nei propri ambulatori solo 8 medici su 35 tra il capoluogo giuliano e l’Isontino. «Manca il personale in più chiesto ad Asugi». Famiglie in rivolta
Una dottoressa prepara una dose di vaccino in uno degli ambulatori del Centro Vaccinale di via Statuto a Milano, 4 settembre 2017. Ansa/Daniel Dal Zennaro
Una dottoressa prepara una dose di vaccino in uno degli ambulatori del Centro Vaccinale di via Statuto a Milano, 4 settembre 2017. Ansa/Daniel Dal Zennaro

TRIESTE Solamente otto pediatri sui 35 presenti nell’area della Venezia Giulia hanno accettato di prendere parte alla campagna vaccinale. Un’adesione flop, specie se si considera che una decina di giorni fa, presentando in pompa magna l’avvio del piano antinfluenzale 2020, la Regione aveva parlato di grande coinvolgimento del territorio.

Proprio quel piano aveva assegnato per la prima volta ai pediatri la gestione della profilassi nella fascia d’età dai sei mesi ai sei anni. Una scelta evidentemente non concordata con la categoria o comunque non apprezzata da molti medici, al punto che soltanto tre su 20 a Trieste e cinque su 15 nell’Isontino hanno accettato di effettuare le punture.

Solitamente, in passato, le iniezioni venivano fatte nei Distretti dal personale infermieristico. Si tratta di due punture da eseguire a distanza di un mese. I destinatari, come detto sono i piccoli dai 6 mesi ai 6 anni, circa 14.700 bambini. Facile immaginare l’apprensione dei loro genitori e la rabbia per i tanti no ricevuti in questi giorni dei pediatri. Tra l’altro l’avvio della campagna ha trovato impreparato anche il Cup visto che molte mamme si sono sentite rispondere che al momento non era possibile effettuare la profilassi.

I pediatri che non hanno aderito alla campagna non lo hanno fatto per questioni “ideologiche” - la sicurezza del vaccino antinfluenzale è massima ed è fuori discussione-, ma per problemi organizzativi e logistici. «Siamo disponibili a fare i vaccini - conferma Mauro Stradi, consigliere della Federazione italiana pediatri -, ci serve però una mano. Avevamo chiesto un supporto a livello di personale, che però non è arrivato. Mi sembra una scelta miope della Regione e di Asugi visto che ogni pediatra potrebbe vaccinare 450 bambini. Non tutti inoltre hanno studi in grado di ospitare un flusso così elevato di persone in periodo Covid. Noi, lo ribadisco, siamo pronti ad aiutare, ma l’Azienda sanitaria deve fornirci un sostegno. Esiste poi la fascia d’età 6-14 anni: una platea di ragazzi che sarebbe importante sottoporre alla profilassi e che non sappiamo dove mandare».

«Posso dire che Asugi sta cercando di organizzare l’attività al meglio - afferma il pediatra Andrea de Manzini -, programmando anche sei giorni di vaccinazioni, tre per la prima e tre per la seconda inoculazione, concentrate in un unico luogo per i colleghi che hanno aderito. Non tutti gli studi sono infatti predisposti per avere flussi così intensi di persone in un periodo di fondamentale distanziamento sociale. Chi ha accettato lo ha fatto sapendo di poterlo fare in sicurezza altrimenti ha lasciato responsabilmente il compito ai Distretti. Io ho aderito alla campagna, non nascondo però la grandissima complessità specie prima che la Regione emanasse i nuovi protocolli per l’esecuzione dei tamponi nei casi sospetti nelle scuole, che hanno poi alleggerito la pressione sui pediatri. A livello legale, su indicazione della Regione, non possiamo vaccinare i bambini non presenti nei nostri elenchi nell’ambito della campagna. Per gli altri piccoli, l’Azienda sta provvedendo».

Il vaccino, teoricamente, può essere fatto fino a gennaio, l’obiettivo però è anticiparlo il più possibile. Asugi conferma che «i piccoli assistiti dai pediatri che non aderiscono all’iniziativa potranno comunque ricevere la vaccinazione dal personale Asugi nelle sedi aziendali in giornate dedicate. Nel corso dei prossimi giorni verranno date le specifiche sulle sedi e sulle modalità di prenotazione». —


 

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