Camere di commercio, fondi dimezzati
TRIESTE. Oltre 10 milioni in meno rinsecchiranno tanti rivoli della realtà economica e sociale del Friuli Venezia Giulia. Il conto è presto fatto: se la somma dei cosiddetti diritti camerali incassati dalle quattro Camere di commercio regionali supera i 20 milioni e se si conferma la volontà governativa di dimezzare gli importi delle iscrizioni ora corrisposti dalle aziende, le stesse Camere dovranno complessivamente spuntare dai loro budget oltre 10 milioni. I tagli saranno, più o meno, così ripartiti: Udine sforbicerà 4,6 milioni, Pordenone 2,6 milioni, Trieste 1,7 milioni, Gorizia 1,3 milioni. Un impatto molto duro sui bilanci camerali, che non solo saranno costretti a ridimensionare l’attività istituzionale ma che potrebbero trovarsi a porre mano persino agli organici degli enti.
Ricostruiamo le tappe della vicenda. L’articolo 28 del decreto legge 90 del 24 giugno scorso, confidenzialmente noto come “anti-burocrazia”, prevede che, a decorrere dall’esercizio finanziario successivo all’entrata in vigore del decreto, l’importo del diritto annuale a carico delle imprese e percepito dagli enti camerali sia ridotto del 50%. Questi diritti annuali - spiega lo stesso presidente della camera udinese e di Unioncamere Fvg Giovanni Da Pozzo - rappresentano circa il 70-75% degli introiti camerali, quindi il provvedimento voluto dall’esecutivo Renzi sarebbe gravemente pregiudizievole per l’attività del sistema. Da Pozzo attende prudenzialmente la conversione del decreto, con quello che sarà il testo definitivo: «Gli effetti scatteranno già nel 2015? Oppure gli emendamenti presentati riusciranno a dilazionarne le ricadute lungo 2-3 anni, consentendo così agli enti di correre ai ripari?». Neppure la “specialità” regionale giunge in soccorso delle Camere friulo-giuliane: le normative in materia non conoscono autonomie. «Una cosa è certa - riprende Da Pozzo - le Camere non saranno più in grado di sostenere le imprese e il sistema economico-sociale della Regione. Di grazia se riusciranno a coprire i costi generali. Quella voluta dal governo è una misura francamente poco comprensibile: in media le aziende versano una quota di circa 110 euro, quindi arriverebbero a risparmiarne 50-60. Per un risparmio molto modesto, si rischia di mettere a repentaglio una fitta rete di interventi a supporto del territorio».
Anche Antonio Paoletti, collega di Trieste, non vuole fasciarsi il capo in anticipo ma ammette che ci potrebbero essere difficoltà anche di ordine occupazionale. «In questi anni abbiamo cercato - spiega - di razionalizzare la struttura: dimezzati i dipendenti, una sola azienda speciale, un solo dirigente. Non basterà: dovremo pensare a concentrare le Camere del Fvg».
Luca Madriz, presidente camerale di Gorizia solo dal novembre 2013, è già costretto a ripensare l’azione dell’ente e butta giù un primo elenco di possibili disimpegni: «Consorzio per lo sviluppo del polo universitario, Isig, Consorzio Gorizia, Casa dell’agricoltura a Cormons, la Casa dello studente a Gorizia, la sede del Confidi, il complesso del quartiere fieristico». «Verrà meno - incalza Madriz - anche la possibilità di sostenere lo sviluppo industriale dell’aeroporto Duca d’Aosta di Gorizia. E andrà rivista la politica del Fondo Gorizia».
«Il sistema va riformato - riassume infine Da Pozzo - con equilibrio, tenendo presente le caratteristiche dei territori. E’vero che 4 Camere sono molte in Friuli Venezia Giulia, ma è anche vero che le vocazioni sono molto differenti, dalla manifattura alla logistica. Cercheremo di di ottimizzare i servizi a livello regionale. Ma niente demagogia sulle spese: l’intero vertice camerale del Fvg costa meno di un consigliere regionale».
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