Cambridge: campagna vergognosa contro la tutor di Regeni
ROMA L'Università di Cambridge denuncia quella che definisce «una vergognosa campagna di denigrazione, alimentata da convenienze politiche» contro Maha Abdelrahman, l'ex tutor di Giulio Regeni, sullo sfondo di «un'apparente assenza di progressi investigativi». In una nota diffusa dal vice-chancellor Stephen J. Toope (di fatto rettore dell'ateneo inglese) a due anni dall'uccisione in Egitto del ricercatore di Fiumicello, si ribadisce la volontà di Abelrahman di collaborare, ma si deplorano le fughe di notizie sulle indagini.
Nella lunga nota, ricevuta oggi mercoledì 17 gennaio dall'Ansa, Toope scrive che, «avvicinandosi» il secondo anniversario della morte di Regeni, «non siamo più vicini a conoscere la verità su cosa accadde a questo promettente ricercatore, torturato e ucciso mentre svolgeva una ricerca accademica pienamente legittima». E assicura che - accanto al dolore della famiglia, che «nulla può sanare» - «la ferita» e «il senso di oltraggio» restano vivi anche dentro l'università. Afferma d'altra parte come sia «fastidioso» per il celebre ateneo «osservare che in assenza di apparenti progressi investigativi sulla morte di Giulio, l'attenzione si è rivolta verso la sua tutor di dottorato, Maha Abdelrahman, un'onorata ed eminente studiosa». Toope fa riferimento al recente interrogatorio della docente - il terzo, afferma - da parte degli inquirenti italiani e al fatto che ella abbia consegnato loro «volontariamente», attraverso la polizia britannica, i documenti richiesti confermando il desiderio di «cooperare pienamente» in veste di «testimone». Ma definisce «molto inquietante» che la stessa Abdelrahman sia diventata «vittima di quello che appaiono sforzi concertati per implicarla direttamente» nel caso.
«Le pubbliche congetture» al riguardo, accusa il vice chancellor, sono «imprecise, dannose e potenzialmente pericolose», nonché basate su una fondamentale «mancanza di comprensione della natura della ricerca accademica» e dei suoi «metodi». Toope afferma che non è raro, per chi fa ricerca nell'ambito delle scienze umane e sociali, incidere su «temi politicamente sensibili». Mentre rammenta come Giulio fosse «un ricercatore esperto» dell'Egitto, capace di «parlare un arabo fluente», e come la sua ricerca sui sindacati egiziani fosse stata pianificata nel rispetto dei «metodi accademici standard».
Quanto alle indagini, Toope insiste sulla disponibilità a collaborare espressa «fin dall'inizio dall'università di Cambridge e dalla dottoressa Abdelrahman», con l'obiettivo di aiutare a trovare «la verità». Ma lamenta che mentre l'ateneo ha rispettato «i vincoli legali imposti dalle indagini (anche sulla sua possibilità di rilasciare commenti pubblici)», lo stesso autocontrollo non è stato esercitato altrove«, tanto che »la confidenzialità del procedimento giudiziario è stata platealmente ignorata.
In ogni modo Cambridge s'impegna a continuare ad »assistere le autorità« nella ricerca »della giustizia per Giulio e la sua famiglia«, ma anche a difendere »il diritto alla ricerca«. Non senza rimarcare - conclude Toope - che »la giustizia non può essere servita minando ciò che davvero ha ispirato Giulio nella sua breve, ma esemplare carriera accademica: ossia la ricerca della verità".
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