Cambio al vertice del Rossetti. È Franco Però il nuovo direttore

La nomina è giunta al termine di una riunione-fiume del consiglio di amministrazione dello Stabile presieduto da Budin. Il regista prenderà il posto di Calenda, che lascia dopo quasi vent’anni

Pero, però. Dopo il ventennio di Antonio Calenda al Teatro Rossetti serviva un direttore avversativo. Il regista triestino Franco Però, diplomatosi all’Accademia di Arte drammatica di Trieste, socio dello stabile Teatro Due di Parma e consigliere della cooperativa Bonawentura (Teatro Miela), era il predestinato. Il parto non deve essere stato facile per il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia. Oltre cinque ore di consiglio di amministrazione, quasi un conclave, prima della fumata bianca arrivata alle 21.15 con il nome che era sulla bocca di tutti da mesi. Nicola Fano, che correva alla direzione in coppia con Gioele Dix, l’aveva persino profetizzato su Facebook a luglio: «Grazie a tutti ma il vincitore è già scritto. Da molti mesi...». Tanto per non cascare proprio dal pero. «Il presidente - si legge nello stringato comunicato ufficiale - ha introdotto la discussione invitando il consiglio a prendere in esame le cinque candidature selezionate. Dopo un’attenta disamina dei documenti proposti dai candidati e dopo un’approfondita discussione il cda ha ritenuto di convergere sulla figura di Franco Però». Una discussione molto approfondita, evidentemente.

«Ma decidete oggi?». «Non so. Non ho idea». Alle 16.10, la riunione del cda del Rossetti sta per cominciare, ma il presidente Milos Budin non si sbilancia. Aveva promesso il nuovo direttore entro agosto in modo da garantirgli un mese di affiancamento con Antonio Calenda (dopo quasi vent’anni di direzione un passaggio di consegne poteva sembrare necessario). Era stato persino precisato in una nota del teatro all’annuncio dell’avvio della selezione pubblica nel maggio scorso: «Sarà richiesta la disponibilità per un affiancamento con il direttore in carica a partire dal primo settembre prossimo». Sarà da oggi, 16 settembre. Il cda del Teatro stabile del Fvg, dove siedono, oltre Budin, Giuliano Abate (vicepresidente), Fabia Bensi, Flavia Leonarduzzi e Chiara Valenti Omero, doveva scegliere tra una rosa di 5 nomi formata dopo due scremature di seguito sulle oltre 70 candidature arrivate entro il 6 giugno, la scadenza dell’avviso pubblico. A fare le selezioni è stata una mini commissione formata da Budin affiancato da Paolo Quazzolo, docente di teatro all’università di Trieste, e da Renato Manzoni, direttore dell’Ert (Ente regionale teatrale). La scelta di Però, protagonista di recente della regia “A Sarajevo il 28 giugno”, progetto di Paolo Rumiz dal libro di Gilberto Forti (andata in scena anche al museo Diego de Henriquez), ha lasciato fuori nomi prestigiosi come Franco Branciaroli (consulente artistico del Ctb di Brescia), per il quale però c’erano delle incompatibilità artistiche (dettate dal decreto Franceschini), Furio Bordon, drammaturgo e regista (in un remoto passato già alla guida dello Stabile e più di recente a Mittelfest), Ivaldo Vernelli (ex direttore amministrativo della Contrada di Trieste, attuale direttore amministrativo del Teatro Stabile di Verona e presidente di Assoteatri) e Massimo Navone (direttore della scuola d’arte drammatica Paolo Grassi di Milano).

Tra gli sponsor di Però c’è Gianni Torrenti, l’assessore “congelato” alla Cultura. Budin avrebbe voluto Bordon non potendo avere Branciaroli. In alternativa era pronto a sostenere il consigliere Vernelli. Alla fine ha prevalso il candidato regionale che gode anche della benedizione del sindaco. Franco Però, del resto, sembra il più indicato a portare avanti il progetto “nazionale” dello Stabile regionale Rossetti che passa per Udine con un accordo con il Css, teatro stabile di innovazione. Il progetto sul quale la Regione, guidata da Debora Serrachiani, ha deciso di puntare assieme al sindaco Cosolini. Un modo per evitare il declassamento e allontanare per ora un futuro da “Tric” per il Rossetti. Per diventare un Teatro di rilevante interesse culturale c’è sempre tempo. E un Però non è mai di troppo.

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