Camber “taglia” la Casta: rischiamo la ghigliottina

di Roberta Giani
TRIESTE
«La ghigliottina è pronta per tutti. E quindi è inutile tingersi i capelli, se domani la testa viene tagliata». Giulio Camber, il senatore più “sfuggente” di Trieste, non schiva la ribalta. Non stavolta. Non può né vuole perché l’aria che soffia contro i Palazzi del potere, quella che lui annusa con il fiuto proverbiale che amici e nemici gli riconoscono, è fetida: i cittadini sono ormai «disamorati», anzi «schifati» dalla politica, e non c’è destra o sinistra che tengano. E allora, il senatore di lungo corso rompe il silenzio e, dicendosi convinto che la Casta deve autoriformarsi drasticamente se non vuole finire decapitata, avanza un trittico eversivo di proposte: consiglieri regionali pagati a gettone, assessori esterni nominati da una sorta di “gran giurì” istituzionale, poltrone, poltroncine, sofà e strapuntini delle società partecipate o controllate rasi al suolo.
Senatore, che succede? Renzo Tondo sta per presentare il suo pacchetto sui costi della politica...
E il mio vuole essere un contributo di idee al presidente della Regione con un approccio esclusivamente istituzionale. Tondo ha già fatto fruttare i suoi talenti: valga per tutti l’abbattimento del debito regionale, da 1.650 milioni a 1.050 milioni di euro, una riduzione invidiataci da tutta Italia. Ma ora serve un colpo d’ala fatto di fantasia, fermezza e credibilità.
È una sfida a Tondo?
Semmai, è una sfida di Tondo a Tondo: ha acquisito la fiducia della nostra gente e, per conservarla, deve promuovere un cambio ben percepibile.
Le proposte di legge già depositate in Regione sono molteplici. Non bastano?
Mi limito a dire che non si deve guardare a chi vuole cambiare le virgole per mantenere una certa realtà o a chi è disposto a parlare di tutto purché non gli si tocchi il portafoglio. Né si deve guardare a chi si dice a disposizione della gente purché il partito gli paghi la campagna elettorale ed è lo stesso che, sentendosi furbissimo, magari trova il sistema migliore di non pagare le decime al partito che l’ha eletto. Le istituzioni sono tutt’altra cosa. Sono la spina dorsale del nostro Paese.
E quindi?
Spesso, non servono ricette strane: basta trattare le istituzioni con il rispetto che meritano, lavorando nel pubblico come nel privato.
Tondo, nel privato, è un imprenditore.
E infatti, visti i risultati del suo ristorante, non ha messo lo spazzino a fare il cuoco, pur con tutto il rispetto per le due professioni.
La sua prima proposta “operativa” investe le società regionali.
Le controllate o partecipate dalla Regione sono decine e decine. E vi sono decine di commissari preposti ad enti vari. Se tali posizioni fossero ricoperte da funzionari regionali, per motivi tecnici, la Regione non dovrebbe pagarli. E i funzionari hanno titolo e compatibilità a ricoprire le centinaia di posti oggi riservati a una certa politica.
Ma a che società si riferisce?
A tutte, partendo dalle maggiori, come Friulia e Autovie.
Non è curioso che a proporre questa “rivoluzione” sia chi è accusato di essere il “campione” dell’occupazione di posti?
Non mi interessa. In politica si vince e si perde. Ma oggi la situazione è ben diversa: i cittadini sono arcistufi di tutti. E quindi, se devo scegliere di che morte morire, muoio nelle istituzioni.
I funzionari regionali hanno le competenze necessarie?
Ricordiamoci sempre della trave e della pagliuzza. E ricordiamocelo ancor di più guardando a chi siede oggi nei cda.
La sua seconda proposta riguarda la giunta.
Vi partecipino solo assessori esterni, esperti qualificati i cui curricula siano vagliati da uno speciale nucleo di valutazione, formato ad esempio da componenti designati dai vertici della Corte d’Appello, della sezione regionale di controllo della Corte dei conti e dell’Avvocatura dello Stato.
E chi potrebbe concorrere?
Tutte le persone di comprovata e indiscussa capacità nelle materie inerenti gli assessorati. A una condizione: che non si siano candidate, elette o meno, al consiglio regionale.
L’ultima proposta colpisce i consiglieri nel portafoglio, non nel numero.
Non li colpisce nel numero perché questa decisione non dipende da noi, ma da Roma, visto che serve una legge costituzionale. Io suggerisco di dare ai consiglieri regionali un’indennità di carica esclusivamente simbolica corrispondendo invece un gettone commisurato all’effettiva partecipazione all’attività del consiglio e delle commissioni. La finta e formale presenza, magari di cinque minuti, non deve più bastare.
Qualcuno, magari, potrebbe rinfacciarle le prebende dei parlamentari.
Ma ognuno può cercare di incidere a casa sua. A Roma decidono altri mentre qui, forte della specialità, il Friuli Venezia Giulia può decidere per sé. E diventare un modello.
Pensa che Tondo, Pdl e consiglio seguiranno i suoi suggerimenti “hard”?
Penso che, siccome non ci sono più zii d’America, se ci si limita al festival delle pernacchie, le prime pernacchie investiranno proprio i politici.
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