Camber: «Quante condoglianze. Ma non sono ancora morto»
TRIESTE. Lo smartphone scoperto in età non più adolescenziale squilla all’impazzata sul mastodontico tavolo stracolmo di carte, libri, sigarette, persino un’inattesa tazza assurta a portapenne con foto (tenerissima) di zio e nipotina. Le poltrone avvolgenti color sangue rosso di bue, che adornano lo studio con vista sul Coroneo, sono quasi esaurite: l’amico e consigliere regionale Bruno Marini, per occuparne una, si è svegliato all’alba e pazienza se la sua alba è un po’ tardiva. Conta il gesto.
Giulio Camber, il padrone di casa, il destinatario di cotante gentilezze, ci ride su: «Le telefonate e le visite di condoglianze al morto» si susseguono incessanti dalla maledetta notte dello spoglio, e sono già passati due giorni, ma «il morto continua a godere di ottima salute». Non solo. Assicura di aver digerito da tempo la sconfitta «annunciata». Anzi, «scontata»: il potente senatore triestino che sgranocchiava legislature come noccioline, sei-dicasi-sei alle spalle, confida di non aver mai creduto nel miracolo di una rielezione. Non stavolta, non con l’esercito grillino in marcia, il Pd in vantaggio, il Pdl in affanno, e quel secondo posto in lista che il “Porcellum” non gli consentiva di scalare a suon di preferenze. La specialità della casa.
Ma l’escluso più grande, nella tornata degli esclusi che stermina a livello parlamentare i Menia, gli Antonione, i Saro, i Gottardo, i Contento, la classe dirigente di un partito, rassicura gli amici e gela i (tanti) nemici: non gli serve uno scranno, nemmeno quello comodissimo di Palazzo Madama, per fare politica. La sua politica.
Se lo chiedono tutti. E adesso che farà Camber?
Sono arrivato alla mia età concedendomi il lusso di non pensare mai a cosa farò da grande. E, così facendo, ho la coscienza a posto. O, forse, è l’incoscienza.
Farà il pensionato di lusso?
Non ho maturato ancora la pensione.
È un esodato.
Sì, per lo zero virgola cinque.
Solo 3.275 voti.
Non fa differenza. È la roulette della politica. Perché dovrei incazzarmi? Un mio caro amico, candidato in un comune friulano, non è stato eletto per un voto. Ha deciso di scoprire chi l’aveva “tradito”.
L’ha scoperto?
Due anni dopo mi ha detto che aveva appurato che almeno nove parenti e amici fraterni, per diversi motivi, non l’avevano votato. Si è fermato lì.
Ma davvero non le brucia nemmeno un po’ l’esclusione?
Non ho mai pensato di farcela. Tutte le altre volte che ho corso sentivo di poterci riuscire. Stavolta no. Semmai, la grande sorpresa è stata proprio quella di scoprire che non ce l’avevo fatta per lo zero virgola cinque.
Se non pensava di vincere, perché ha accettato di correre?
Me l’hanno chiesto. Mi hanno anche detto che i calcoli del partito ci garantivano due eletti al Senato. Ho risposto: «Vi garantisco che non ci credo».
E poi?
Hanno aggiunto: «Ci servi». E io ho accettato subito quella che ritenevo una candidatura di servizio. Ho avuto tanto e non potevo tirarmi indietro.
Ma aveva un accordo firmato da Silvio Berlusconi, sin dai tempi delle comunali, che le garantiva la ricandidatura.
Berlusconi aveva bisogno di una “vetrina” fresca. E io lo capisco. Il sottoscritto non è il più fresco...
L’accordo è diventatato carta straccia.
Io lo considero rispettato. Berlusconi, con me, ha firmato cinque accordi e li ha onorati tutti: sono appesi in sede. Incorniciati.
Le liste del Pdl sono state un’amara sorpresa per tanti. Roma ha silurato persino il coordinatore regionale Isidoro Gottardo.
E gli rendo merito. È raro trovare in politica uno che sa di non avere una chance al mondo di farcela, e lui alla Camera non ce l’aveva, ma non si dimette e anzi fa campagna elettorale pancia a terra.
Al suo posto, a Roma, va Sandra Savino. C’è chi dice che sia una “miracolata” camberiana.
Chi lo dice non ha capito nulla.
Ma l’aiuterà? La guiderà?
Non ha nessun bisogno di una balia.
E allora Camber che farà? Continuerà a far politica?
Sì, certo. La più grande vigliaccata sarebbe quella di ritirarmi e abbandonare gli amici.
Non serve una poltrona per restare nel giro?
Molti lo pensano ma io - anche se non vorrei sembrare quello della storia della volpe e dell’uva - sono sicuro di no.
E quindi continuerà le sue battaglie per Trieste?
Certamente. Come prima. Non è cambiato nulla.
La più importante?
Il lavoro. Avendo chiaro che il problema non si risolve distribuendo quattro pagnotte, ovvero qualche mese di occupazione, bensì trovando soluzioni durature e non svendendo le poche cose importanti della città. Vale per il rigassificatore, il porto, il porto vecchio.
Non teme che le mitiche truppe camberiane si disperdano?
Le uova, di solito, hanno forma a uovo. Ma talvolta, anche se la gallina è la stessa, hanno forma tonda o quadrata.
Tradotto: qualcuno potrebbe mollare. Ma non crede in una diserzione di massa?
Non ci credo e non mi pongo il problema. Eravamo quattro amici al bar. Qualcuno se n’è andato, qualcun altro è arrivato, ma il risultato è che siamo sempre quattro amici al bar.
Com’è stato fare campagna elettorale con la convinzione di aver già perso?
La vera difficoltà è stata la quasi impossibilità di tastare il polso dei cittadini. Non sapevi se, chiedendo il voto per questo o quel provvedimento, questa o quella persona, avresti ottenuto il risultato voluto o l’opposto.
E allora?
Per la prima volta in vita mia non ho focalizzato la campagna elettorale su Trieste ma su Berlusconi.
Il “giaguaro” che non si è fatto smacchiare. Se l’aspettava?
Mi aspettavo una grande rimonta ma non nei termini in cui è avvenuta. Sono convinto, peraltro, che solo Berlusconi si l’aspettava un simile risultato. Nessun altro.
I grillini primo partito l’hanno sorpresa?
Ero certo che avrebbero fatto il botto. Ma pensavo che arrivassero attorno al 20%.
Amici o nemici?
Non sono mai stato contro. Penso che siano un’espressione estrema, se si vuole inconcludente, ma assolutamente legittima di protesta.
Adesso puntano a conquistare la Regione.
Sarà una bella sfida a tre.
E i montiani che faranno?
Chiamiamoli con il loro vero nome: Ferruccio Saro e Gianfranco Moretton. Non so che faranno ma sono persone di grande fantasia.
C’è un candidato favorito?
Oggettivamente ritengo che i cittadini, dovendo pensare agli amministratori della propria “casa”, saranno molto attenti nei confronti di chi ha dimostrato competenza, onestà, amore per la propria terra.
E se arriva Beppe Grillo a fare campagna elettorale?
È un uomo libero. Faccia quel che crede.
Ma come si batte il grillismo?
Lavorando.
E magari alleandosi con l’Udc?
Sono categorie vecchie. Fuori dal tempo e dall’elettorato. Dobbiamo partire dal candidato governatore più serio e costruirgli attorno una rete di più realtà civiche.
Via libera, allora, alla lista civica del presidente con Roberto Dipiazza capolista?
Sì, certo. Possibilmente da affiancare con ulteriori espressioni fresche e credibili.
Farà campagna elettorale per Tondo?
L’ho già fatta l’altra volta. E stavolta, la sto, la stiamo già facendo dall’estate scorsa. Siamo gli unici, finora. D’altronde, siamo sempre stati convinti della scelta del Pdl a sostegno di Tondo.
Il Pdl triestino rischia un bagno di sangue. Uno o due eletti, se perdete. Due o tre, se vincete.
Non mi interessano i discorsi sui numeri.
Meno male, però, che ci sono le preferenze e non il “Porcellum”. Sennò chi avrebbe scelto tra i suoi “moschettieri”?
Grazie a Dio le scelte non competono a me.
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