Calano i croati in Bosnia, ma chiedono il riconoscimento
TRIESTE. Non c’è pace in Bosnia-Erzegovina. Il Consiglio nazionale croato di Mostar ha inviato a Sarajevo la richiesta ufficiale di una riforma costituzionale nella quale si preveda che anche i croati vengano promossi al rango di entità come lo sono attualmente i bosgnacchi e i serbi. La miccia è stata innescata dall’attuale presidente della Croazia, Kolinda Grabar-Kitarovi„ la quale, quando era ancora in campagna elettorale si recò in Erzegovina (ricordiamo che i cittadini croati dell’Erzegovina votano a politiche e presidenziali in Croazia) dove ad alata voce proclamò che è oramai giunto il tempo che anche i croati diventino entità della Bosnia-Erzegovina. Le parole suscitarono non poco clamore a Sarajevo e, dopo le proteste, la stessa Grabar-Kitarovi„ spostò il tiro affermando che il problema andava trattato più a livello delle unità federali che dell’entità.
Il paradosso, che fanno notare a Sarajevo, è che negli ultimi anni il numero dei croati in Bosnia-Erzegovina è drasticamente calato. Lo stesso arcivescovo cattolico di Sarajevo, il cardinale croato, Vinko Pulji„ non perde occasione di rimarcare come il numero dei croati nel Paese è diminuito di quasi mezzo milione di unità e afferma, a fronte di questo fenomeno, che «Zagabria - come rileva il Delo di Lubiana - deve rendersi conto che se non ci saranno più croati in Bosnia-Erzegovina anche la Croazia non ci sarà più». Parole che trovano il loro significato nell’opinione comune (croata) che l’Erzegovina è la culla della croaticità.
Parole che a Zagabria, con la Grabar-Kitarovi„ al Pantov›ak, sfondano porte aperte. Non a caso la neo presidente croata ha affermato che la politica ufficiale della Croazia nei confronti della Bosnia-Erzegovina è stata fin qui «dichiarativa, protocollare e improntata unicamente a far fotografare i politici». Per questo la recente visita della neo presidente a Sarajevo era molto attesa sia dalle istituzioni della Bosnia-Erzegovina, sia dai croati dell’Erzegovina che hanno avuto un ruolo determinante nell’elezione della stessa Grabar-Kitarovi„ a capo dello Stato. Orbene proprio prima di recarsi a Sarajevo la Grabar-Kitarovi„ ha affermato che «la Croazia è molto interessata alla stabilità della Bosnia-Erzegovina al suo ingresso nell’Ue e nella Nato, ma guarda soprattutto a un’uguaglianza costitutiva di tutti e tre i popoli incluso quello croato».
Aggiungendo poi quando era nella capitale bosniaca che «avrebbe visto volentieri un accordo tra i tre popoli costitutivi e le minoranze per una nuova amministrazione della Bosnia-Erzegovina». Se ciò non fosse possibile, ha aggiunto, la Croazia dovrebbe stimolare la comunità internazionale, compresi gli Stati Uniti, a un aggiornamento degli accordi di Dayton. Se anche questo non portasse a un accordo allora Zagabria sosterrà la richiesta che anche i croati diventino entità costitutiva della Bosnia-Erzegovina.
Parole che, ovviamente, sono state una sorta di schiaffo in faccia a molti schieramenti politici bosniaci che hanno reagito denunciando l’intromissione della Grabar-Kitarovi„ nella politica interna di Sarajevo. Ma, intanto, il sasso è stato lanciato.
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