Cacciari: «Senato? Servivano più coerenza e rigore»

Renzi fa il capo, attorno a lui il deserto. Federalismo, occasione mancata: ci sono poteri centralisti per vocazione
L'ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari
L'ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari

Massimo Cacciari, filosofo e accademico oltre che politico ed ex sindaco di Venezia, sarà oggi tra i relatori del convegno internazionale “Charis Kairòs - La grazia e l’occasione” organizzato dal Dipartimento di studi umanistici dell’Università di Trieste nella sede di Androna Campo Marzio 10 con inizio alle 15. Il convegno si propone di ragionare filosoficamente attorno all’idea di “grazia” indagandola nei suoi molteplici significati, attestati nella storia della nostra cultura (poetici, estetici, teologici, economico-politici) e vagliandone il senso nel pensare contemporaneo. Dopo il saluto del rettore Maurizio Fermeglia, Cacciari interverrà sul tema “Charis e Perdono”. A seguire le relazioni di Ugo Perone, Francois Dingremont, Benedetta Selene Zorzi e Martino Rossi Monti. Il convegno proseguirà domani a partire dalle 9.30; domani pomeriggio la conclusione (prevista alle 18) con la lectio magistralis di Luce Irigaray.

TRIESTE. Il Pd ha compiuto 8 anni, gli facciamo gli auguri? «Ma quale Pd? Quello che qualcuno immaginava non è mai nato. E adesso, con Renzi, non esiste nemmeno più». Massimo Cacciari, sferzante come sempre, ne ha per il premier, per la sua corte, per una classe dirigente «da playstation», capace di partorire una modifica del Senato «che serviva, certo, ma che non muta alcunché del perno dei discorsi riformatori degli anni Ottanta e Novanta. Di centrosinistra come di centrodestra. Questa non è una riforma».

Perché?

Possiamo definirla tale solo se per riforma si intende un cambiamento a piacere. Ma con questo atto Renzi non tocca nulla delle questioni essenziali della macchina amministrativa e istituzionale.

Non era essenziale nemmeno il superamento del bicameralismo perfetto?

Ma sì, andrà molto meglio di prima. Ma non era il tema, tanto meno il problema. Neanche sul fronte dei costi della politica: il risparmio sarà minimo. La riforma costituzionale, come ha ben spiegato anche Giorgio Napolitano, era sicuramente necessaria. Ma, con una classe dirigente e un partito diversi, se ne sarebbe potuta approvare una più coerente e di maggior rigore.

Gli assi portanti dell’occasione mancata?

Il federalismo. L’unica vera riforma sarebbe il ridisegno dei rapporti tra le diverse dimensioni dello Stato: governo, parlamento, autonomie locali. Si dovrebbe in particolare rifare totalmente le Regioni, il peggiore bubbone italiano. Di quanti scandali abbiamo ancora bisogno per dimostrare che non è questione di persone, ma di un sistema inefficace che genere il malaffare?

Lei accorperebbe le Regioni, per esempio Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige, nella Macroregione Triveneto, come qualcuno in parlamento sta cercando di proporre?

In questo Paese ci sono poteri politici, tra cui quelli che hanno fondato il Pd, vecchi comunisti, vecchi democristiani, i Berlusconi prima e ora i Renzi, che sono centralisti per vocazione. Le Regioni vanno accorpate e poi dotate di competenze effettive.

La specialità ha ancora un senso nella situazione attuale?

Nella situazione attuale, appunto, perché toglierla? A parte la Sicilia, le istituzioni regionali che funzionano meglio sono quello autonome. Ma, in un quadro generale di riforma federalista, tutte le Regioni sarebbero a statuto speciale, non ci sarebbe bisogno di differenziazioni.

Come esce dalla partita della riforma del Senato la minoranza del Pd?

Esattamente come ci è entrata. Era ben facile prevedere che sarebbero finiti massacrati. Primo perché si trattava di una riforma di cui a nessuno fregava alcunché e quindi il campo di battaglia che avevano scelto era del tutto inadatto. Secondo perché sono senza organizzazione, senza leader. Non vorranno mica presentarsi contro Renzi con Bersani? Zero erano e sottozero sono.

Il Pd compie otto anni e Renzi l’ha affossato?

Le forze che hanno trascinato le loro vecchie identità senza convertirsi non hanno saputo definire una destinazione comune. Con Renzi si è arrivati alla definitiva sconfitta del progetto. Il Pd non ha più nulla a che fare né con quello che si pensava né con quelle dirigenze che l’hanno così malamente fondato. Renzi fa il capo e attorno c’è il deserto. Non a caso, dopo aver promesso il rinnovamento della classe politica, il premier non fa altro che affidarsi a funzionari pubblici per ogni questione grave.

Si gioca tutto alle comunali di Roma e Milano?

Non tutto, ma molto. Se dopo Roma, che è già persa, perde anche Milano, non potrà far finta di niente come ha fatto per la Liguria, per Venezia, per Livorno.

A Roma chi vince?

Non vedo alternative ai grillini.

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