Caccia ai legami triestini dello jihadista ricercato
TRIESTE. Qari Khesta Mir Ahmadzai, 30 anni, afghano, latitante, uno degli uomini della foto sul Ponte Curto, è ritenuto il componente di una cellula jihadista vicina all'Is e ad Al Quaeda, pronta a compiere attentati in Italia, Francia e Belgio. Una cellula composta di cinque persone nei confronti delle quali l’altro ieri è scattato a Bari un decreto di fermo. Ahmadzai è arrivato a Trieste lo scorso ottobre per incontrare qualcuno, forse per reclutare qualche combattente da spedire nelle zone della guerra contro l’Occidente. Per arruolare aspiranti jihadisti anche in Italia. È questa l’ipotesi dei carabinieri del Ros di Bari che stanno indagando sulla rete di sostegno logistico dell’Is.
Rete di cui Qari Khesta Mir Ahmadzai, ufficialmente ospite del Cara di Bari Palese e ora accusato di terrorismo internazionale, era - secondo le indagini coordinate dai pm Roberto Rossi e Pasquale Drago - un personaggio di primo piano. Tanto che girava l’Italia in lungo e in largo senza alcun problema. Assieme a lui, indagato anche per immigrazione clandestina, sono nel mirino altre quattro persone, indagate per terrorismo o solo per favoreggiamento di immigrazione clandestina. Tutti e cinque erano riusciti a ottenere in Italia il permesso di soggiorno o status di protezione umanitaria.
Per quanto riguarda Trieste, ora, uno degli obiettivi fondamentali delle indagini è quello di risalire alle frequentazioni di Ahmadzai anche e proprio a Trieste e in Friuli Venezia Giulia. Per questo gli investigatori puntano a individuare le persone che l’uomo ha incontrato nei giorni di permanenza in città. E per questo la foto, apparentemente innocente, «di un gruppo di amici» scattata l’8 ottobre sul Ponte Curto e recuperata dalla memoria del cellulare sequestrato a Qari Khesta Mir Ahmadzai dai carabinieri a Bari è ritenuta un elemento fondamentale in questa delicata fase delle indagini.
Ieri si è saputo che tre di quegli uomini - sorridenti - immortalati a Trieste l’8 ottobre del 2015, erano all’epoca ospiti del Centro italiano di solidarietà di Trieste nell’ambito dello Sprar, sistema di protezione per l’accoglienza internazionale. Sistema dal quale sono usciti, precisa il responsabile Ics Gianfranco Schiavone, nei primi mesi di quest’anno. A riconoscere quei tre volti sono stati gli stessi operatori dell’Ics.
Erano profughi che, chissà attraverso quali canali, Qari Khesta Mir Ahmadzai aveva contattato. Così come verosimilmente ne aveva contattati altri a Trieste e in regione. Probabilmente, come sospettano gli investigatori, per cercare di organizzare traffici di clandestini attraverso i confini del Nordest. Qari Khesta Mir Ahmadzai, come sembrerebbe aver confermato uno dei fermati, è infatti considerato uno dei principali trafficanti d’Europa. Nel giro di sei mesi, assieme ai complici, ha gestito 600 migranti, «dai 3.300 euro ai cinquemila euro l’uno» dicono loro stessi nelle intercettazioni telefoniche.
Forse Ahmadzai contattava persone via Facebook. Sul suo profilo social fra l’altro è stata trovata un'immagine di Sheikh Jalaluddin, ritenuto uno dei capi carismatici dello Stato Islamico operante nella provincia di Khorasan, rimasto ucciso in un raid aereo statunitense il 13 ottobre 2015 nel distretto di afghano di Mohmand Nangarhar Dara, al quale è intitolato anche un campo di addestramento in Afghanistan.
Al momento non si sa se i tre profughi fotografati sul Ponte Curto assieme ad Ahmadzai e ad altre due persone siano rimasti o meno in città dopo avere cessato di essere ospitati nelle strutture dell’Ics, dove peraltro la faccia di Ahmadzai è del tutto sconosciuta. Va precisato comunque che nessuno ufficialmente li sta cercando e che al momento quindi sono in assoluto - tecnicamente - estranei alla vicenda. Potrebbero essere in Italia o addirittura in Europa o forse tornati in Afghanistan. Certo è che se ne sono andati via dal Centro di Trieste quando si è esaurito il loro periodo all’interno del programma per l’accoglienza internazionale.
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