Burgo, sì al risanamento. Entrano le banche

Ieri l’assemblea ha ratificato l’accordo con gli istituti: debito abbattuto per 300 milioni, 200 in partecipazioni

TRIESTE. Primo sigillo ufficiale sulla ristrutturazione industriale e finanziaria del gruppo cartario Burgo, che gestisce in Friuli Venezia Giulia gli stabilimenti di Duino e di Tolmezzo per un totale di circa 700 dipendenti diretti. Ieri si è tenuta l’assemblea dei soci Burgo, che ha portato a termine la prima fase dell’ampio progetto riorganizzativo: aggiornamento però a martedì 23 dicembre perchè le frizioni all’interno della famiglia Marchi, in merito al piano, non hanno consentito una completa condivisione.

Quello che si sa sull’assise societaria, lo si deve a fonti ufficiose vicino all’azienda (che da anni non è quotata in Borsa): via libera alle linee-guida del piano industriale, del rafforzamento patrimoniale e del riequilibrio finanziario, piano che era stato presentato dal management alle banche creditrici lo scorso 28 novembre. Le linee-guida contengono anche una proposta di riassetto della futura “governance” di Burgo. Infatti l’aggiornamento al 23 prossimo venturo servirà per approvare le conseguenti modifiche statutarie e per emettere gli strumenti partecipativi previsti dallo stesso piano.

Ancora cassa integrazione alla cartiera Burgo
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Cosa accade? Partiamo dall’indispensabile premessa: il gruppo, che ha il suo quartier generale ad Altavilla Vicentina e che finora ha avuto nella famiglia Marchi l’azionista di riferimento, è gravato da un pesante debito a medio termine ammontante a 786 milioni. Il fiacco andamento di mercato non ha certamente contribuito ad alleggerire la situazione finanziaria, costringendo la famiglia Marchi, la cui quota di controllo è del 50,59% concentrata in Hgm, a un lungo negoziato con le banche, che sono talvolta azioniste oltre che creditrici (come nel caso di Mediobanca con un robusto 22% e di Unicredit con il 3,83%).

Il risultato del braccio di ferro, prolungatosi per buona parte del 2014 e in parte risoltosi ieri, è l’abbattimento del debito per 300 milioni, che avverrà per 200 milioni attraverso l’emissione di strumenti partecipativi e per 100 milioni mediante un convertibile. Se sarà confermato che la famiglia Marchi non interverrà nell’operazione e che quindi vedrà diluirsi la sua quota, questo significherà che le banche entreranno nel capitale della Burgo o - vedi Mediobanca e Unicredit - rafforzeranno la loro partecipazione. L’impianto debitorio, secondo indiscrezioni non smentite, suggerisce all’incirca esposizioni di 160 milioni per Unicredit (sempre ieri il prudente ottimismo dell’a.d. Ghizzoni), di 470 milioni per Mediobanca, di 60 milioni per il Banco Popolare, di 40 milioni per Intesa SanPaolo. Poi ci sono gli istituti esposti sul “breve” come Mps, Bpm, Popolare Vicenza, Veneto Banca. Oltre alla risistemazione del debito, da qui al 2017 alla Burgo verrebbe garantito credito per 400 milioni.

Nell’aggiornamento del 23 si comprenderà meglio come cambieranno gli assetti azionari e la rappresentanza nel consiglio d’amministrazione. Durante l’assemblea di ieri non si sarebbe parlato di specifiche situazioni industriali, ma è noto che la produzione in maggiore difficoltà, il “patinatino”, è sfornata a Duino. La soluzione dei problemi societari porterà all’applicazione del piano operativo e, probabilmente, alla definizione di un’alleanza strategica che vede, maggiore “indiziato”, il gruppo Lecta.

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